Seldom, il nuovo progetto discografico di Alessandro Lanzoni

Foto: la copertina del disco










Seldom, il nuovo progetto discografico di Alessandro Lanzoni.


Alessandro Lanzoni si appresta a diventare, se non lo è già, uno dei pianisti di punta nel panorama italiano e internazionale del jazz. Seldom, suo ultimo disco sgombra il campo da qualsiasi dubbio. È un lavoro complesso e affascinante, dove dimostra una forte maturità compositiva ed esecutiva. Assieme a Matteo Bortone e Enrico Morello, si destreggia tra parti scritte e improvvisate da veterano “consumato” dialogando senza soggezione con un ospite del livello di Ralph Alessi. Seldom è un disco da ascoltare con attenzione e conservare nella propria discoteca di jazz. Rappresenta un passaggio fondamentale nella carriera di Lanzoni e un episodio veritiero dello stato di salute e di quello creativo del jazz italiano.



Jazz Convention: Seldom, tuo ultimo lavoro, segue il celebrato Dark Flavour disco che ti ha dato un’enorme visibilità…


Alessandro Lanzoni: Sono davvero contento che il mio primo disco in trio sia stato molto apprezzato dalla critica. Questo mi ha stimolato a continuare ad approfondire il lavoro fatto insieme al gruppo e a sperimentare nuove cose con la scrittura, approdando quindi alla creazione di un nuovo repertorio che è stato inserito in Seldom.



JC: Seldom conferma la presenza nel trio dei tuoi due partner Matteo Bortone e Enrico Morello. Tra di voi traspare un simbiotico feeling musicale e telepatico. Com’è nato questo vostro rapporto?


AL: Il nostro è un percorso di studio, di amicizia e di concerti dal vivo che va avanti ormai da circa quattro anni: ci siamo conosciuto a Siena duranti i celebri seminari estivi, dove abbiamo semplicemente suonato qualche brano insieme accorgendoci subito che la musica fluiva in maniera molto naturale. Un presupposto fondamentale per decidere di formare un nuovo gruppo.
Abbiamo quindi deciso di cominciare a frequentarci regolarmente suonando brani originali, standards, improvvisazioni e qualunque altra cosa ci venisse in mente di studiare e adattare alla formazione del piano trio, che pur essendo una delle formazioni più tradizionali in assoluto, puó assumere forme e sapori differenti formando moltissime possibili combinazioni sonore.



JC: In Seldom c’è una novità: la presenza di Ralph Alessi. Il trombettista dà al trio una consistenza, diremmo, eterea e lirica. Il progetto iniziale prevedeva la sua presenza o era pensato per il trio…


AL: I brani originali inseriti in Seldom sono stati concepiti inizialmente per il trio. Mi sono peró accorto che per loro natura avevano spesso una costruzione polifonica, quindi non è stato difficile pensare di aggiungere un’altra voce al gruppo. Conoscendo bene la musica di Alessi, registrata anch’essa per la Cam Jazz in un paio di album, ho pensato che Ralph potesse essere molto adatto a suonare i nostri brani, e così è stato.



JC: Cosa ha significato per te e gli altri suonare con un jazzista come Alessi e che influenza ha avuto su di voi?


AL: È stato innanzitutto un onore poter collaborare con un artista che ha alle spalle un’esperienza enorme, avendo a sua volta collaborato con alcuni dei mostri sacri di questo genere. Ma soprattutto voglio evidenziare quanto sia stato facile integrarci con lui, pur non avendo mai suonato insieme. Questa è una dote preziosa che solo pochi musicisti come Alessi hanno, ovvero riuscire a interagire con un gruppo già esistente ritagliandosi il proprio spazio con intelligenza e personalità.



JC: È palese all’ascolto del disco di come l’improvvisazione regna sovrana in questo progetto. Che rapporto hai con le parti scritte?

A.L. “Fatta eccezione per le tre improvvisazioni libere che con Ralph abbiamo condotto in duo senza decidere nulla a priori, quindi suonando e costruendo un discorso musicale sul momento, il resto del repertorio si basa su un rapporto strettissimo tra improvvisazione e scrittura. Non ci sono mai episodi in cui questi due elementi sono totalmente scissi, perció quello che si forma nella parte improvvisata deriva sempre da qualcosa che è stato introdotto nella parte scritta, per esempio la struttura armonica o un preciso andamento ritmico.



JC: Quando entri in studio di registrazione hai già degli schemi da seguire o ti affidi totalmente all’invenzione del momento?


AL: Dipende esclusivamente dal progetto che sto affrontando e con quale gruppo sto suonando. Non mi è ancora successo di registrare qualcosa di totalmente improvvisato anche se è questa in realtà la direzione che vorrei seguire per il mio prossimo disco in piano solo. Quando si suona da soli è più facile creare qualcosa estemporaneamente, proprio perchè non hai bisogno di avere dei riferimenti a cui aggrapparti per andare insieme agli altri musicisti. Da solo puoi condurre autonomamente il discorso musicale e svilupparlo in base a quello che ti suggerisce la tua testa in quel momento.



JC: Seldom contiene nove brani originali scritti tutti da te tranne Tri-Angle che è di Bortone. Come nascono e quali sono le tue fonti d’ispirazione…


AL: Direi che nessuno dei brani nasce da una forte fonte di ispirazione, eccetto forse Zapatoca, nome dell’omonima cittadina colombiana, che ha un retrogusto vagamente latino. Piuttosto direi che i brani di Seldom nascono da un lavoro molto attento rivolto alla composizione sul quale non avevo mai riflettuto abbastanza. Rispetto ai brani del primo disco, molto più semplici e melodici, questi sono formalmente più complessi e sono frutto di un lavoro compositivo più lungo in cui ho pensato a diverse soluzioni prima di raggiungere il risultato finale.



JC: Wine And Blood, Yuca, Big Band e Composition sono, tra gli altri, pezzi di complessa e affascinante architettura…


AL: Ho infatti condotto una ricerca specifica sulla creazione di strutture multitematiche. Mi ero stancato della solita routine tema-solo-tema e ho pensato che le strade da percorrere a livello strutturale possono essere infinite. Per esempio si può evitare di terminare il brano con il tema iniziale, per scrivere un nuovo tema conclusivo oppure non servirsi necessariamente della struttura tematica per improvvisare ma crearne una nuova o inaugurare un brano con un improvvisazione libera che approda poi ad una parte totalmente scritta e via dicendo.



JC: Se tu fossi un semplice appassionato di jazz, e non un musicista, che definizione daresti di Seldom?


AL: È sempre difficile parlare di se stessi, anche fingendo di essere un semplice appassionato. Quello che posso dire è che sono molto soddisfatto del risultato della registrazione. Poche volte mi sono trovato così a mio agio in studio e al contempo non mi aspettavo che la musica sgorgasse in maniera così naturale con Ralph. Una rara combinazione di elementi positivi da cui proviene anche il titolo dell’album: Seldom è infatti un avverbio inglese che significa raramente.



JC: Il tuo rapporto con la CAM Jazz?


AL: La CAM è sicuramente l’etichetta più autorevole in Italia in questo momento e non solo. Mi sento davvero fortunato di poter incidere per questa casa discografica, sia per il prestigio che la contraddistingue sia per la qualità di tutto lo staff, che lavora con estrema serietà, impegno e passione. Spero che questo rapporto possa durare più a lungo possibile.



JC: Che effetto fa essere identificato come la Rising Star del jazz italiano?


AL: Non mi sento assolutamente una rising star, l’unico mio desiderio è di continuare a fare questo lavoro, amo suonare, scoprire nuove cose da ascoltare e analizzare, andare ad ascoltare concerti, collaborare con gli artisti che ammiro di più, viaggiare e suonare in giro, insomma tutto quello che concerne la vita del musicista. La mia è una grandissima passione, la mia aspirazione più grande è continuare a occuparmi di musica.



JC: Che idea ti sei fatto del jazz italiano?


AL: Il jazz italiano ha già una sua storia, ricca e originale. Molte sono le colonne portanti che hanno contribuito a divulgarlo in un paese in cui era del tutto sconosciuto, eccellenti musicisti che sono riusciti ad emergere anche in ambito europeo dando un contributo molto originale rispetto a questo genere. Adesso ci sono anche molti giovani musicisti che, dedicandosi con serietà sempre maggiore allo studio di questa musica, stanno ulteriormente arricchendo la scena nazionale, destinata grazie a loro a diventare sempre più varia e interessante.



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