ECM Records – ECM 2406 – 2015
Anders Jormin: contrabbasso
Lena Willemark: voce, violino
Karin Nakagawa: koto a 25 corde
Cade la neve
Pesanti montagne
Risvegliano l’uccello dell’inquietudine
Il suo volo è veloce
La strada della tristezza è solcata di nuovo
Per una volta è forse utile partire dai testi (quelli riportati sopra sono i versi della decima traccia). Trees of light è quasi un paradigma dell’estetica ECM. Già la formazione ed i titoli lo annunciano. Una cantante e violinista folk svedese, con varie esperienze jazzistiche, un contrabbassista suo conterraneo (non uno qualsiasi: Anders Jormin suona nel magnifico trio di Bobo Stenson) e una suonatrice di koto giapponese. Dodici tracce, quasi tutte cantate nel dialetto nativo della Willemark.
Come per molte altre produzioni di Manfred Eicher il risultato è, paradossalmente, scontato e sorprendente allo stesso tempo. Scontato perché il disco è l’ennesima incursione in dimensioni sonore fuori dal tempo cui ci ha abituato l’etichetta bavarese. Sorprendente perché a livello musicale ed emotivo il progetto funziona molto bene. La musica di questo insolito trio è scabra, essenziale, quasi dura. Racconta solitudini, paesaggi di pietra e di vento, l’inquietudine del grande deserto boreale: senza mai estenuarsi, senza mai cadere in qualsivoglia manierismo. La sonorità astratta (per l’orecchio europeo) del koto della musicista giapponese alleggerisce quasi l’andamento possente delle linee del contrabbasso e la voce drammatica della cantante.
A legare il tutto sono i bei versi della Willemark (il booklet ne propone la traduzione inglese): danno senso e profondità al progetto, anche perché risentono molto marcatamente (almeno secondo l’avviso di chi scrive) dell’influsso della poesia tradizionale del Sol Levante. Una poesia nella quale il racconto di uno stato d’animo, d’una sensazione, si snoda in pochissimi versi. Si dice che gli haiku, la forma più nota della poetica giapponese, inizino nel momento in cui il lettore finisce l’ultimo. Si potrebbe dire che le improvvisazioni del koto e del contrabbasso siano l’eco delle parole dei singoli brani. Una meditazione sonora sull’indicibile. Una sorta di evocazione del silenzio della mente.
Trees of light è un progetto poetico vero, non un patchwork sonoro. È un disco raffinato e introverso, certo non facile. La poesia che lo intride, anche nelle tracce solamente strumentali, merita però un ascolto ripetuto e attento.