Fabrizio Bosso – Duke

Fabrizio Bosso - Duke

Verve Music – 2015




Fabrizio Bosso: tromba, flicorno

Julian Oliver Mazzariello: pianoforte

Luca Alemanno: contrabbasso

Nicola Angelucci: batteria
Ensemble diretto da Paolo Silvestri






Sto ascoltando, e per la terza volta in questo caldo pomeriggio, la copia promo del CD che Fabrizio Bosso dedica a Duke Ellington. La registrazione è dello scorso febbraio scorso e Fabrizio suona in quartetto con Julian Mazzariello al pianoforte, Luca Alemanno al contrabbasso, Nicola Angelucci alla batteria e con il sostegno dell’Ensemble diretto da Paolo Silvestri.


Sessanta minuti di “clima ellingtoniano” che mi ha ri-portato indietro di oltre sessant’anni, nella prima metà degli anni cinquanta, quando il jazz di Duke Ellington assurse, per me, a primo amore musicale; poco tempo sarebbe poi trascorso e l’autentica mia passione sarebbe diventato Miles Davis: un trombettista, come Bosso.


Difficile stabilire chi dei due, a quei tempi, amassi di più, poi arrivarono, fra le trombe, in Italia, Rava, Fresu, Mandarini, Boltro, Paci, Falzone e appunto Bosso. Ben presto la curiosità mi portò a fare la conoscenza di tanti musicisti, di tanta musica, non solo jazz.


Ebbene oggi all’ascolto del quarto brano – It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got That Swing) – si è aperto un piccolo cassetto della mia memoria: anno duemila, primo ascolto di Fast Flight, il brano che apre il primo CD da leader di Fabrizio Bosso, in quintetto. Sono andato a riascoltarmelo: due minuti e cinquantasette secondi, quasi il tempo di un vecchio disco a 78 giri. Beh, il brano di Ellington che viene suonato oggi dura una manciata di secondi in più e ci dimostra,in modo inequivocabile, che Fabrizio non ha solamente “volato veloce”. Ha volato “in alto” in questi quindici anni; ha percorso diverse strade musicali e ora – il linguaggio è asciutto, coerente e maturo – ri-visitando le musiche del grande Duke manifesta la sua grande esperienza e versatilità nel procedere con sicurezza verso il futuro, forte delle profonde conoscenze del passato. Sappiamo che questa è la strada giusta del grande musicista.


Restando più aderente ai contenuti del disco, è il caso di sottolineare che tutti e sette i brani ellingtoniani – fa anche capolino il portoricano Juan Tizol, il suo trombonista autore di Caravan e Perdido, secondo ed ultimo brano in scaletta – rappresentano una piccola “storia” del percorso musicale di Duke Ellington, uno dei pilastri portanti della musica afroamericana.


Si parte da I Let A Song Go Out Of My Heart, di cui ricordo una bellissima versione di Ella Fitzgerald, ma qui è la tromba di Bosso che svetta con l’appoggio di Marco Guidolotti al sax baritono. Si va poi al clima denso e struggente di In A Sentimental Mood – evidenziato magnificamente dalla voce del flicorno – cui fa seguito una medley che partendo dall’Intro di Black and Tan Fantasy – che bella la voce sordinata alla Bubber Miley da Fabrizio! – va a fondersi in un fastoso Jeep’s Blues, coloristicamente immenso. E non poteva mancare di certo, come uno sfolgorante “cameo”, la stupenda versione di Solitude, in cui pianoforte e flicorno sanno esprimersi con moderna freschezza sul soffuso, ma solido, sottofondo dell’Ensemble.


Un’ora di ascolto, da replicare, di grandissima musica, ben arrangiata e ben suonata, che ci fa comprendere quanto il jazz sia vivo, attuale e pieno di valori sempre nuovi da scoprire. Fabrizio Bosso: nel 1999, ai tempi di Fast Flight, venne votato Miglior Nuovo Talento del jazz italiano. Ne ha fatta di strada con il suo indubbio talento, valore proprio oltre ogni pur pertinente attribuzione. Cosa ci donerà in futuro Fabrizio? Sicuramente cose ancora migliori. E non ci sarà molto da attendere.