Sounds from the harbor

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Sounds from the harbor

Genova, Gezmataz Festival & Workshop – 25.7.2015


Il festival Gezmataz è collegato da anni ad un corso di specializzazione, che si svolge negli stessi giorni della rassegna. Quando, a fine workshop, gli insegnanti salgono sul palco e si esibiscono davanti al pubblico, come accade in situazioni simili, le esibizioni si risolvono spesso in un qualcosa di didascalico, di dimostrativo. Su un canovaccio appena abbozzato si apre una passerella di assoli che non va oltre una corretta, ma ripetitiva esposizione di clichè. A Genova, invece, il 25 luglio si presentano in scena i maestri ma con ben altri intenti e propositi. È stato, infatti, lo stesso quartetto di insegnanti ha appena pubblicato il disco Sounds from the Harbor, per l’etichetta OldMill, e il concerto è un volano per illustrare la nuova produzione.


Così la serata si rivela subito interessante e lontana dal rischio di finire nelle secche del prevedibile e della routine. Marco Tindiglia conduce il gruppo con i suoni allungati, organistici della sua chitarra o sfoggiando un fraseggio acustico puro, delicato, meditativo e allo stesso tempo dinamico.


Andy Sheppard lo asseconda enunciando i temi, o dialogando con lo strumento armonico e lanciandosi con i suoi sassofoni in assoli di impianto melodico, densi, compatti, mettendo in mostra una robusta competenza e un gusto altrettanto pregevole.


Michele Rabbia fa spettacolo a sé. È il valore aggiunto del gruppo. Ogni volta il percussionista sembra reinventare il modo di suonare la batteria. Con la bacchetta, ad esempio, accarezza il piatto sospeso per trarne lunghi sibili. Con le mani nude batte su cassa e tamburi. Utilizza le spazzole in modo canonico e poi crea dei riff che raddoppia con la loop station, su cui elabora altre divagazioni assolutamente geniali. Quando non gli bastano più gli attrezzi a sua disposizione, Rabbia picchia sul suo corpo, fa schioccare le dita, diventa egli stesso uno strumento a percussione.


Un passo indietro agli altri sul palcoscenico, ma non meno importante nel discorso complessivo, si posiziona il contrabbassista Masa Kamaguchi, dotato di una cavata profonda e di un discorso solistico in cui ogni singolo passaggio è attentamente pensato e soppesato. Nulla è lasciato all’intuizione momentanea. “Un gigante” è la definizione che accompagna il piccolo giapponese nell’annuncio del direttore artistico di Gezmataz e si può concordare su questo apprezzamento.


Il repertorio dell’esibizione è in netta maggioranza proveniente dal cd in uscita e a firma di Marco Tindiglia. Sono bei temi, felicemente organizzati, afferenti ad un jazz moderno vicino all’estetica ECM, per trovare un riferimento, ma con un’anima calda, indubbiamente mediterranea. Fa eccezione una versione tirata, decisamente free di Lonely Woman, il brano storico di Ornette Coleman, dove Rabbia impazza tempestoso sui piatti, rendendo un omaggio personale ai batteristi afroamericani della new thing.


Il pubblico, più numeroso che nelle giornate precedenti, decreta un buon successo al concerto, al musicista di casa e ai suoi preparati compagni di viaggio.