Artesuono – art127 – 2014
Renato Strukelj: pianoforte
Simone Serafini: contrabbasso
Luca Colussi: batteria
Maurizio Giammarco: sassofoni
Le note di spiegazione dedicate da Renato Strukelj alla genesi e alla costruzione dei vari brani che si trovano all’interno del disco rivelano come Giammai, titolo del disco e di uno dei nove brani presenti nel lavoro, sia ovviamente dedicata a Maurizio Giammarco. Il gioco di parole però svela anche parte dell’animo del pianista, delle motivazioni, del pensiero intimo e del senso, tutto sommato, ironico di molte scelte: rimanda alla sensazione avuta da Strukelj alla prima volta che ha suonato insieme al sassofonista, una maniera obliqua e alquanto insolita di dedicare un brano al musicista che entra a tutti gli effetti nei meccanismi del trio, fino a renderlo in fin dei conti un vero e proprio quartetto.
Se volessimo dare una definizione alla musica di Strukelj potremmo usare quella di modern mainstream: temi, accompagnamento, improvvisazioni e atmosfere generali prendono le mosse dal jazz modale e ne esplorano le possibilità espressive dall’interno. Le definizioni, si sa, sono scomode per la musica, lasciano, quando va bene, il tempo che trovano e – soprattutto, in questo caso – vengono messe in discussione dal lavorìo che traspare dai titoli, prima, e dalle note del pianista, in un secondo momento. Nel senso che, ad esempio, Choponkus si rivolge a Chopin, Monk e Mingus e quindi da una ulteriore maniera di interrogarsi sugli aspetti legati alle loro produzioni musicali. Il tema portato da Giammarco alla scaletta del disco – A night in Dameronia – mette insieme Dizzy Gillespie e Tadd Dameron, con le loro visioni estetiche e le loro esperienze nello swing, nel bop e in tutte le stagioni successive, e affianca la riflessione dei nostri protagonisti e il loro rapporto con le pietre fondanti del jazz. Quindi, se in qualche modo viene precisato l’alveo di riferimento, non viene meno l’intenzione di interrogarsi sulle matrici e sulle connessioni della musica suonata, uscendo alla ricerca di altre ispirazioni e portandole all’interno del proprio mondo sonoro.
La musica proposta da Strukelj insieme a Giammarco, Serafini e Colussi scaturisce, perciò, da una riflessione matura e dalla capacità di cercare stimoli in direzioni differenti. È una musica capace di mischiare le carte – come accade per l’andamento sostenuto e incalzante di Minoritario, in “aperta e presunta contraddizione” con i presupposti normalmente associati al titolo – e, allo stesso modo, riesce a dare spazio all’elegante piano solo di Mike, dedicato ad un amico scomparso del pianista. Ma soprattutto dimostra di mantenere sempre una apertura sana per dare continuità e spessore al percorso che viene svolto attraverso le composizioni: interpretare In your own sweet way di Dave Brubeck permette di rivolgere lo sguardo a un caposcuola e alla sua poetica, sviluppata negli stessi anni del jazz modale e non del tutto avulsa da quella genesi, per affiancare soluzioni altre rispetto a quelle presenti negli altri brani; Yesss, con i suoi richiami a certe atmosfere fusion, denota l’intenzione di non porre confini alla propria ricerca andando a vedere cosa è avvenuto anche in altri contesti scaturiti dagli stessi riferimenti secondo logiche magari differenti.
Giammai è un disco realizzato con cognizione di causa e padronanza del linguaggio: forte di questi elementi, Strukelj riesce a portare all’interno delle nove tracce del disco gli spunti incontrati nelle sue riflessioni sul jazz e a collocarli in modo coerente, stemperando semmai il tutto con l’ironia di alcuni titoli, ma tenendo in modo deciso il punto nella musica proposta all’ascoltatore.
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