Locomotive Jazz Festival: 10!

Foto: Fabio Ciminiera










Locomotive Jazz Festival: 10!

Lecce – 1/4.8.2015

Gli esplosivi riff dei Funk Off hanno chiuso la decima edizione del Locomotive Jazz Festival, in una festa di suoni e colori per celebrare, sia per le strade del centro di Lecce che nell’anfiteatro al termine della rassegna, i dieci anni del festival. Il programma delle serate leccesi si è concentrato sulla formula del duo, sull’incontro musicale rarefatto, alla ricerca dell’equilibrio del dialogo tra interpreti, generi musicali, forme d’arte e riflessioni sociali.


Ma andiamo con ordine.


L’Anfiteatro Romano di Lecce, sede dei concerti serali, è un ambiente magico: situato nella centralissima Piazza Sant’Oronzo, risulta ben al di sotto del livello stradale e, quindi, si trova naturalmente al riparo dalla confusione creata dalla vitalità circostante grazie alla poderosa barriera offerta dai massi “poggiati” dagli antichi. Nella platea, la scelta di disporre dei tavolini per il pubblico al posto delle sedie ricrea l’atmosfera di un club. L’acustica è garantita anche sugli spalti incombenti sul palco, in modo da offrire anche una buona visuale da ogni posizione. All’internodi questo scenario, si sono svolti tutti i concerti leccesi a parte l’esibizione in duo di David Linx e Diederik Wissels, il concerto in solo di Paolo Fresu, le jam session serali e la parata pomeridiana dei Funk Off.


L’Equilibrista è stato il tema scelto da Raffaele Casarano per questa edizione. L’esibizione in duo, il dialogo tra improvvisatori senza troppi appigli è forse tra le forme più delicate e sottili del jazz, anche quando, come nel caso dei concerti proposti dal festival, si tratti di sodalizi che hanno alle spalle una solida conoscenza reciproca tra i protagonisti, la pubblicazione di un disco e un carnet corposo di concerti tenuti insieme.


John Surman e Vigleik Storaas affrontano i suoni del Nord e mettono in mostra la capacità di muoversi con leggerezza in atmosfere diverse, dalla libertà più informale alla melodia semplice e accattivante: seppure affrontano uno dei formati più consueti, vale a dire quello con sassofono e pianoforte, è l’attitudine ad essere non convenzionale, sempre alla ricerca di nuove possibilità per utilizzare i propri strumenti. Da questo l’utilizzo del flauto dolce, gli interventi sulle corde del piano, la pratica costante, quanto semplice e profonda, di interrogarsi sul significato del suono e del messaggio che questo, ancor prima delle note stesse può veicolare. Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura viaggiano attraverso i suoni del mondo sulla scorta di tromba, flicorno e bandoneon: dopo un disco in duo, In Maggiore, e gli incontri con il coro còrso A Filetta, sempre registrati su ECM, sono una vera propria esplorazione di melodie e ritmi incontrati ai quattro angoli del mondo attraverso brani estremamente conosciuti come O qué sera, temi originali e rimandi alle tante tradizioni del mondo. Il pubblico italiano conosce Fresu e Di Bonaventura per averli ascoltati insieme e singolarmente: la combinazione dei suoni prolungati delle due voci, dell’elettronica, del senso melodico connaturato nello stile di entrambi offre il binario per il viaggio in musica proposto dai due. Particolare il momento del concerto in cui Fresu è salito sull’anello esterno dell’anfiteatro e ha duettato a distanza con Di Bonaventura, rimasto sul palco. Gli equilibrismi virtuosistici della voce di David Linx e la solida e pacata gestione del pianoforte di Diederik Wissels misurano il territorio possibile per un incontro strumentale essenziale attraverso un repertorio di brani originali. Il virtuosismo sfolgorante di Linx trova sempre una risposta nelle fondamenta sicure e stabili di Wissels e danno vita ad una sorta di elastico emotivo, sempre in tensione e bilanciato, nonostante le apparenze diverse.


Il primo appuntamento sul palco leccese ha sempre visto due protagonisti sul palco, ma alle prese con un dialogo tra arti diverse. Raffaele Casarano ha presentato la Preghiera al Mare, “accompagnando” i volteggi e le acrobazie di Valentina Franchino in una breve esibizione, suggestiva e intensa. Allo stesso modo, il concerto in solo di Paolo Fresu, tenuto nelle Cantine Apollonio di Monteroni, è il frutto della lunga ricerca musicale del trombettista, la sapida rilettura effettuata attraverso le manipolazioni sonore, le tante collaborazioni, l’attenzione per le tradizioni e per le storie della sua isola, la capacità di mettere a fuoco il racconto per mezzo di uno strumento musicale.


The Whistle Blowers è, in qualche modo, il “seguito” di Heartland, progetto guidato da Fresu, Linx e Wissels insieme a Palle Daniellson e Jon Christensen e al quartetto d’archi formato da Igor Semenoff, Cécile Broché, Dominica Eyckmans e Jean Paul Dessy. I partner scelti per il nuovo progetto sono Christophe Wallemme al contrabbasso, Michele Rabbia alle percussioni e l’Alborada String Quartet. Pur con interpreti diversi, pur con una storia diversa, il progetto rappresenta, se si vuole, la summa e la sintesi dei duo ascoltati nei giorni precedenti. Melodia e significato dei suoni, incroci timbrici e capacità di mettere il proprio estro e le esperienze acquisite al servizio di una formazione composita, stratificata nella sua struttura, l’attitudine a guardare con continua curiosità nelle tante direzioni della musica di oggi, al di la dei confini di genere per cercare soluzioni espressive. Il concerto leccese è stato il primo per la formazione in previsione dell’uscita discografica nel prossimo autunno, ma la formazione appare già rodata e capace di dare corpo alle tante sfumature di una musica composita… E naturalmente, se ci fosse bisogno di ripeterlo, lo scenario dell’anfiteatro completa la sensazione emotiva di una musica che gioca abilmente con le atmosfere e le suggestioni.


Fabio Concato non ha al suo attivo dischi di jazz, ma nelle sue canzoni si può ritrovare una vicinanza alla musica brasiliana e le sue scelte armoniche sono spesso più articolate e complesse rispetto al panorama della canzone d’autore. La scelta di salire sul palco con un duo, a sua volta, reso molto compatto da anni di condivisioni artistiche, come quello energico e lirico formato da Fabrizio Bosso e Julian Olivier Mazzariello. La particolarità è la scelta di Concato, Bosso e Mazzariello di esplorare un repertorio che comprende in parti simili brani del cantautore milanese e canzoni di altri autori della canzone italiana, come Io che amo solo te, 1000 lire al mese, Anna verrà, Roma nun fa la stupida stasera, Diamante. La voce di Concato trova sponde nell’orchestrale pianoforte di Mazzariello e nelle linee sinuose e sempre efficaci della tromba di Bosso, in un concerto sempre elegante, in cui il duo impiega con la giusta misura la forza propria espressiva.


Il dialogo con i giovani musicisti del territorio ha avuto due manifestazioni. Le jam session serali condotte da Giancarlo Del Vitto nello scenario post-moderno e intrigante del Museo Ferroviario di Lecce e con le esibizioni in apertura delle tre serate conclusive dei sette musicisti selezionati da Marco Bardoscia e Irene Scardia per Locomotive Giovani. In realtà, poi, sul palco i due trii hanno aggiunto la ritmica per la loro esibizione, mentre Danilo Tarso si è proposto in piano solo come da programma. Musicisti giovani ma già spigliati: se è ancora da venire la piena maturazione dei vari interpreti, non è mancata, ad esempio, la voglia di presentarsi con degli arrangiamenti particolari di standard o con degli originali e portare in ogni caso il livello raggiunto ad oggi su un palco che da lì a qualche minuto avrebbe ospitato musicisti conosciuti e ammirati dal pubblico.


Il festival si era inaugurato con una sezione itinerante nel territorio salentino, alla ricerca di una combinazione tra musica e paesaggio, naturale e antropico. Appuntamenti in luoghi scelti in collaborazione con il FAI per valorizzare, nel segno del jazz italiano, i tesori storici e artistici, attraverso un programma aperto dalla Preghiera in Mare a Santa Maria di Leuca con Antonello Salis, Raffaele Casarano e Marco Bardoscia e proseguito con il solo di Luciano Biondini a Leporano (unico passaggio in provincia di Taranto), il concerto di Luca Aquino e Carmine Ioanna con la voce di Carla Casarano a Torre Lapillo e l’esibizione di Bebo Ferra e Javier Girotto al Castello di Acaja. Ad allargare lo spettro dei dialoghi tra forme d’arte la Passeggiata Poetica che ha avuto come protagonisti Aldo Nove e Livio Romano e il Pranzo Sociale cucinato da Don Pasta a Corigliano d’Otranto e From Station to Station con Larry Franco Jazz Society e Cesare Dell’Anna & Opa Cupa impegnati a suonare sui treni sulle tratte Bari-Lecce e Gallipoli-Lecce.


Fai Jazz! è stato il gioco di parole con cui Gigi Mangia ha riassunto il percorso itinerante del festival presentando, insieme a Casarano, le esibizioni del primo agosto. Un’esortazione a riappropriarsi tanto del senso popolare del jazz, quanto della bellezza dei luoghi di cui il territorio salentino e, in generale, il nostro paese è ricco e, ancor più, della necessità di partecipare e sentire propri gli eventi culturali. La decima edizione del Locomotive – anche attraverso un appuntamento come l’Alba in Jazz, cui abbiamo dedicato un articolo a parte – ha cercato la strada per mettere in pratica tutto questo.



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