Artesuono – art138 – 2015
Juri Dal Dan: pianoforte
Clara Rivieri: voce
Paolo Mazzoleni: contrabbasso
Alessandro Mansutti: batteria
Olga Zakharova: primo violino
Nicola Mansutti: primo violino in Volver, Midnight Sun, Alentejo
Marco Toso: secondo violino
Margherita Cossio: viola
Andrea Musto: violoncello
La conformazione dell’ottetto guidato dal pianoforte di Juri Dal Dan e dalla voce di Clara Rivieri spiega già una buona parte del lavoro fatto dai due musicisti. È la sintesi, stratificata e visibile, tra un piano trio jazz, il quartetto d’archi classico e la voce. Il repertorio indirizza ancora meglio lo sguardo: l’ottetto interpreta brani del repertorio sudamericano e iberico e standard del jazz e la scelta è, in entrambi i casi, eccentrica. Agli otto brani non originali, Juri Dal Dan affianca due sue composizioni dal sapore classico e chiaramente rivelatrici della convinzione nel disegno tracciato. Tanto Elegy for Jim quanto Alentejo si confrontano alla pari con gli altri titoli interpretati e ne contengono gli spunti, rimandano all’ascoltatore le idee espresse nell’arrangiamento e nella gestione dell’intero disco.
Il rapporto con le tante forme di classicità corre nelle dieci tracce di In the still of the Night. L’accostamento da cui nasce l’ottetto viene utilizzato per trovare sfumature differenti nei repertori e per sfruttare in maniera peculiare i diversi vocabolari incontrati. Nel novero degli standard, ad esempio, Midnight Sun di Lionel Hampton è un brano meno usato rispetto a In the still of the Night di Cole Porter e, soprattutto, But not for me di George Gershwin: insieme ad Elegy for Jim, il brano del vibrafonista porta quindi accenti meno consueti e, di conseguenza, meno codificati, utili per l’ingresso del quartetto d’archi nel discorso complessivo.
La “sezione latina” del disco esprime con maggiore definitezza il sentire eccentrico del lavoro. Dal Dan e Rivieri attingono il materiale nel folklore, invece che nei contesti più “saccheggiati” come bossa nova e tango. Ruben Blades, Raul Ferrao, José Padilla, Isidro Contreras e Ruben Lena. E, quando si accostano a un grande del tango come Carlos Gardel con la ripresa della celeberrima Volver, il gioco innescato dagli arrangiamenti di Dal Dan si rivela con chiarezza. Il pianista mette insieme il classicismo europeo, l’espressione del jazz, il calore latino, le tensioni drammatiche della voce in una visione estetica condotta dalla scrittura e utile a spostare senza rinnegare i presupposti delle varie matrici di provenienza.
Un disco suonato con composta eleganza. La formazione si pone al servizio delle melodie e, di conseguenza, della voce di Clara Rivieri, a sua volta attenta a non uscire dal percorso tracciato dagli arrangiamenti. I brani, infatti, durano sempre intorno ai quattro minuti – a parte Midnight Sun e Alentejo che superano di poco i cinque – e richiedono da parte di tutti i musicisti una attinenza continua al disegno generale. La voce, come si diceva sopra, gioca quindi più con l’attitudine recitativa lasciando da parte l’improvvisazione scat o melismi che avrebbero mutato l’equilibrio complessivo del lavoro. La concisione e la tendenza sottrattiva, rivolta a togliere, a contenere e a limare, completano e danno corpo all’idea generale del disco. Ed è proprio nell’attenzione alle “dosi della ricetta”, infatti, la chiave utilizzata da Dal Dan per tenere insieme il discorso senza far prevalere un’anima rispetto alle altre, per non sminuire il ruolo delle varie sezioni del’ottetto.
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