Caterina Palazzi Sudoku Killer – Infanticide

Caterina Palazzi Sudoku Killer - Infanticide

Auand Records – AU9049 – 2015





Caterina Palazzi: contrabbasso

Antonio Raia: sax tenore

Giacomo Ancillotto: chitarra

Maurizio Chiavaro: batteria





Caterina Palazzi torna ad incidere cinque anni dopo il primo capitolo di Sudoku Killer con una formazione modificata solo nella voce sassofonistica. Al posto di Daniele Di Majo subentra Antonio Raia, ma la sostanza di fondo non cambia poi di tanto. Già il titolo, Infanticide, non lascia indifferenti e non fa presagire nulla di tranquillo, di rilassante. La compositrice romana ama, infatti, le tinte forti, i territori minati, non predilige i toni carezzevoli, ma si esalta nei climi crudi e violenti. La musica muove, perciò, da temi semplici, ripetitivi e si evolve in uno stile vicino al punk rozzo e rasposo. La presenza di un sax dall’idioma irrequieto e ispido nel gruppo fa pensare anche alle riletture intellettuali di John Zorn del rock più eccessivo e asentimentale.


In mezzo a questa spinta propulsiva, a questa coltre selvaggia di suoni duri e aspri, si aprono, periodicamente, parentesi meno concitate. Sono momenti di calma in mezzo alla buriana scatenata per il resto dai quattro protagonisti dell’album.


Giacomo Ancillotto, per primo, condiziona pesantemente il timbro complessivo del quartetto. La chitarra urla e geme, produce suoni lancinanti o si lancia in sequenze iterate, in progressioni dinamicamente vertiginose.


Antonio Raia ha un fraseggio volutamente grezzo e involuto. Il sassofono espone cellule motiviche elementari in maniera abbastanza “canonica”, per poi alzare il tiro e sparare note sporche e strozzate e contribuire così, a imbrattare il sound globale dei sudoku.


Maurizio Chiavaro, alla batteria, picchia come un fabbro. Non sono richieste al percussionista sottigliezze particolari nè si pretende da lui attenzione alle sfumature, ai sottintesi. L’importante è che il batterista tenga il tempo e si lasci trasportare in questo vortice parossistico assicurando il suo apporto continuo e pressante. Chiavaro assolve al compito con il suo drummin’ brusco e trascinante.


La Palazzi si riserva il ruolo di regista delle operazioni. Come solista non si attribuisce spazi consistenti. Più che altro offre l’incipit dei brani e quindi collabora a costruire un sostegno ritmico spesso e compatto.


Infanticide non è un album educato e domestico. La bassista laziale prosegue nella costruzione di una musica per palati forti, dove il jazz contemporaneo è una componente non secondaria, ma dove prevalgono le influenze delle stagioni rock di culto, ribelli e destabilizzanti. Si distinguono, in ogni modo, tanta coerenza e determinazione nell’intero cd.