Filippo Cosentino – L’Astronauta

Filippo Cosentino - L'Astronauta

Emme Record Label – 2015




Filippo Cosentino: chitarra acustica, chitarra classica

Antonio Zambrini: pianoforte

Jesper Bodilsen: contrabbasso

Andrea Marcelli: batteria





L’Astronauta è il disco della maturità di Filippo Cosentino, sia come musicista che compositore. Sono suoi otto dei nove brani che ne fanno parte. Alla realizzazione di questo progetto gli sono stati di supporto tre musicisti dal profilo internazionale come Antonio Zambrini al pianoforte, Jesper Bodilsen al contrabbasso e Andrea Marcelli alla batteria. Il ritmo arabeggiante e percussivo di Mediterranean clouds apre L’Astronauta. È un pezzo accattivante, cantabile, solare, con chitarra e pianoforte in primo piano che s’inseguono come nuvole in viaggio. È il primo paesaggio avvistato dall’Astronauta Cosentino che con questa brano di forte presa richiama le sue radici riversandole nel jazz. Il seguente Nessie è una ballad delicata. Cosentino pizzica le corde della chitarra e tiene la scena con un assolo efficace, contrappuntato dal pianoforte di Zambrini e sostenuto da un’invidiabile e portentosa sezione ritmica, che si ripeterà per l’intero disco.


L’Astronauta è un disco che si fa ascoltare con piacere, colpisce per la sua semplicità e immediatezza. La componente melodica è molto forte, connaturata soprattutto in lui e in Zambrini. Si ascolti la title track dove l’interscambio tra i due riesce a creare una soffice e vellutata tensione che rende il pezzo una ballad irresistibile; oppure il gioco di “tirati” e dialogici rimandi in More than times. L’Astronauta è anche un lavoro introspettivo dove la sintesi tra le due anime di Cosentino, quella proiettata verso il mediterraneo e l’altra che guarda a nord, trova casa in questo disco palesandosi attraverso i suoni “colorati” e a volte onirici della chitarra in brani come Inside the blue e Seven days, o impressionisti, crepuscolari e inquietanti come in Memento. L’Astronauta procede nel suo viaggio con il “panoramico e paesaggistico” 17:03 (land behind the end), una transvolata minimalista che veleggia nell’etere con la stessa leggerezza dei gabbiani. Villero e Seven Days chiudono un disco raffinato e di qualità, suonato con maestria ed equilibro esecutivo.



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