Tigran Hamasyan – Mockroot

Tigran Hamasyan - Mockroot

Nonesuch – 546521 – 2015



Tigran Hamasyan: pianoforte, tastiere, voce

Sam Minaie: basso elettrico

Arthur Hnatek: batteria, elettroniche

Areni Agbabian: voce

Gayanée Movsisyan: voce



ospiti:

Chris Tordini: sax tenore in Song for Melan & Rafik

Ben Wendel: basso elettrico in Song for Melan & Rafik

Nate Wood: batteria in Song for Melan & Rafik






Esordendo con marchi di fabbrica stilistici già inconfondibili, fin dalle declamazioni di To Love alle stralunate e scintillanti veemenze di Out of the Grid, la sesta personale prova discografica dell’americanizzato (ma adesso solidamente rimpatriato) talento armeno Tigran Hamasyan, Mockroot dichiara di persistere su una non-velleitaria corrente tematica, facendosi ulteriormente dichiarato, per molti versi letterale, il recupero sul pentagramma e nell’alfabeto ideativo del proprio patrimonio culturale.


Di spettacolarità nel complesso meno esasperata rispetto al precedente album, la regia ed i ruoli permangono fortemente immersi entro la dimensione del gioco, esplicitato non tanto dalle mescolanze melodiche quanto dalle rinnovate invenzioni ritmiche, particolarmente dominanti – ed adeguatamente rette dalla sezione percussiva.


Dilaga un’impulsività rock, introiettata già nell’infanzia in unicum con i linguaggi della classicità, e un senso della rappresentazione mutuato e allineato alla sua cultura d’origine: determinante nella costruzione del groove il metallo fiammante e le asciutte pelli di Arthur Hnatek, in parte e in sintonia nel ruolo ritmico che comunque in buona parte scaturisce dalle prorompenti prodezze del leader, spregiudicato esploratore di un pianoforte in prevalente fase di decollo.


Maggior ariosità e freschezza nell’impianto generale, meno gravato dalle più grosse fila del precedente album, e che assai si giova dell’apporto vocale femminile di Areni Agbabian e Gayanée Movsisyan (muse rispettivamente dei precedenti Shadow Theater ed EP1) cui continua ad affiancarsi il cantato dello stesso Tigran (qui in veste di vocalist un po’ più convincente e concentrato).


Opportunamente alterno il carattere delle tracks, che ben raramente depongono l’impegno costruttivo e la tensione espressiva – si transita così dal “prog” inquieto e liricheggiante di Song for Melan and Rafik alle più fluenti cantabilità delle due Kars, spaziate nell’arco dell’album, rispettivamente dedicate ai monti e ai drammi d’Armenia, segnando l’epilogo in Out of the Grid, che stempera le veemenze jazz-rock dell’attacco nel medesimo, nobile cantato posto ad “intro” dell’album, aggraziato e segnato da teatralità semplice, recuperante un gusto di familiare intimità.


Alla vigilia di un progetto che lo vedrà duettare con il grande confratello Brad Mehldau, (nonché dell’ormai certo debutto per ECM totalmente dedicato al canto corale armeno), Tigran si conferma in solida forma e ancora poco concessivo ai consensi e al credito evidentemente conquistati sul campo, ove continua a spendere ed elargire una musicalità che, se non completa, è densamente pervasa da forti segni identitari e peculiare senso della spettacolarità, suggellando una nuova raccolta creativa che giunge da un artista nel cui caso “firma” e “inconfondibile” hanno ormai assunto argomentata sostanza.




Link di riferimento: www.nonesuch.com/albums/mockroot