Barabba’s – Mirae Umbrae

Barabba's - Mirae Umbrae

Autoproduzione – 2015




Clarissa Durizzotto: sax alto

Giorgio Pacorig: Fender Rhodes, Korg MS20

Alessandro Turchet: basso

Alessandro Mansutti: batteria

Aida Talliente: voce recitante





Sicuramente interessante il disco d’esordio di questo gruppo friulano.


Mirae umbrae è basato, su due suite. La prima è intitolata War e comprende quattro tracce. La seconda, Mad House, è composta da otto brani. Fra i singoli brani non c’è in pratica soluzione di continuità. L’unico stacco del disco è fra una suite e l’altra.


A disegnare il percorso delle dei due blocchi suite è una serie di brani letterari (la cui successione non è resa benissimo dalla copertina del disco) basati su testi di vari autori fra i quali Pierpaolo Pasolini, Jose Saramago, Alda Merini, Allen Ginsberg. Un primo ascolto potrebbe far pensare a un reading, commentato da sonorità in qualche maniera identificabili come post free, ma questa lettura si rivela inadeguata non appena si tenti un approfondimento.


Innanzitutto va detto che quella della Talliente non è solo una voce recitante. L’attrice non si limita a dare spessore drammatico alla sua lettura. È, invece, una voce musicale vera e propria, anche se non canta. Il suo parlato, le sue grida, sono parte integrante del progetto musicale. La sua voce è il quinto strumento del gruppo. È perfettamente funzionale all’asprezza e all’urgenza espressiva della parte musicale che si regge su una ritmica di rara potenza ed espressività, sulle grida elettroniche degli strumenti suonati da Pacorig, e sulle lancinanti sequenze del sax. Non a caso la Durizzotto parla di questa proposta musicale come di psichedelia. Il disco sembra uscire in qualche maniera dagli anni 60/70. È pensato, non a caso, su An american prayer dei Doors, ma è anche, in qualche modo, intriso di un mood coltraniano: è gridato, turbolento, implacabile, ferito. Cerca la strada dell’indicibile. La performance della Taliente sui versi della Merini, in cui la poetessa racconta l’esperienza del suo ricovero in una clinica psichiatrica, è forse il momento in cui il disco racconta di più il progetto che gli ha dato vita. Quello di dare una risposta viscerale, gridata, alla cappa di silenzio che, giorno dopo giorno, sembra gravare sulle emozioni umane. Mirae Umbrae non è un disco d’impegno politico. È un grido esistenziale.


In ogni caso è un disco che non lascia indifferenti. Può emozionare o suonare sgradito per la sua asprezza, ma lascia tracce, colpisce, graffia.