In cerca di spazi @ ParmaJazz Frontiere

Foto: Patrizia Caravaggio










In cerca di spazi @ ParmaJazz Frontiere

Parma, Parma Jazz Frontiere. 7.11.2015

Pino Ninfa: fotografie

Giulio Visibelli: sassofoni

Roberto Bonati: contrabbasso


«Un’arte fatta di precisione, scrupolo, rispetto. Un’arte che non si limita a registrare la realtà ma la reinventa, sottraendola al nulla, un attimo prima che vi sprofondino, particolari che forse non interessano la Storia con la S maiuscola, ma certamente le piccole storie di noi viventi.» Così nel suo libro da poco uscito per Arcana (Nero su bianco) Giorgio Rimondi definisce la fotografia. E a questa definizione fa pensare In cerca di spazi, il progetto di Pino Ninfa e Giulio Visibelli (flauto e sassofoni), andato in scena nell’ambito della ventesima edizione di Parma Jazz Frontiere.


Il fotografo siciliano è molto noto nel mondo del jazz per aver documentato molte rassegne e aver pubblicato libri importanti come Jazzgigs, ma e «anche un viaggiatore attento e appassionato delle vicende degli uomini, delle loro lotte e delle loro sofferenze.»


Ed è stato un viaggio vero e proprio quello in cui i due artisti si sono avventurati: un viaggio attraverso l’abbandono e il declino, l’oblio, l’incuria e il degrado di una società che tutto consuma e stritola. Una riflessione in qualche maniera pasoliniana, quella del duo.


Lo schermo ha raccontato paesi disabiati da decenni, istallazioni industriali dismesse, l’ex manicomio di Volterra, la città de L’Aquila che lotta per non diventare un deserto, alcuni villaggi del Sudan destinati a sparire e a lasciar posto a una diga. Una sorta d’itinerario circolare, diviso in capitoli. All’inizio le immagini hanno mostrato il deserto africano della Dancalia, un luogo che non ha mai conosciuto la presenza umana. Il cammino è proseguito attraverso i luoghi prima accennati, evocando anche, presenze e voci umane, relitti galleggianti nel tempo. L’ultima tappa ha condotto lo spettatore in un altro deserto: Il mare, luogo di vita, di scambi, di conoscenze. Non una tappa finale, quindi, ma l’inizio di un nuovo viaggio, il dischiudersi di un’altra speranza. La consapevolezza che il percorso della ricerca umana non finisce mai. Molti i momenti memorabili della serata; in modo particolare la “storia” di una vecchia mattoneria palermitana nella quale i cumuli di laterizi spezzati e brecciati suggerivano geometrie surreali, che a volte parevano evocare labirinti di grattacieli newyorkesi, a volte paesaggi un po’ spettrali, come quelli di qualche misteriosa città sognata da qualche visionario scrittore di fantascienza. Ninfa ha scattato quelle foto pochi giorni prima di partire per New York a documentare il riuso degli spazi devastati dal crollo delle torri.


Giulio Visibelli non ha solo fornito un commento musicale alle foto proiettate. Le sue improvvisazioni ai sax e al flauto, coadiuvate da un accorto uso di una strumentazione elettronica, erano un’altra narrazione; essenziale, talora quasi ruvida ma intrisa di saudade. Lo scorrere della narrazione faceva pensare come la citazione iniziale si adatti anche al jazz: non a caso l’aggettivo istantaneo fa parte di entrambe le arti.


Fra i momenti musicali più intensi ricordiamo la bellissima la melodia suonata dal flauto sulle immagini della Dancalia e il blues suonato al tenore sui ricordi degli antichi mattoni. Nella parte finale del viaggio, quella dedicata al mare, Roberto Bonati si è unito al duo con il suo contrabbasso arricchendo la narrazione poetica dei due colleghi di nuove voci e colori.