Gianni Savelli Media Res @ Casa del Jazz, Roma

Foto: Fabio Ciminiera










Gianni Savelli Media Res @ Casa del Jazz, Roma

Roma, Casa del Jazz – 7.11.2015

Gianni Savelli: sassofoni, flauto

Aldo Bassi: tromba, flicorno

Enrico Zanisi: pianoforte

Luca Pirozzi: contrabbasso

Alessandro Marzi: batteria


Si spengono le luci. Gianni Savelli appare sullo schermo per raccontare il percorso che ha portato a Magellano, terzo disco di Media Res, la sua “creatura musicale”. E poi, senza soluzione di continuità, il video che accompagna Pacifico, il brano di chiusura del disco. La realizzazione del filmato rappresenta una delle chiavi del percorso del lavoro compiuto da Media Res: il video, infatti, è formato da tante immagini, ricevute dal sassofonista grazie ad una call-for-action in rete, e legate all’ascolto e alle sensazioni scaturite dalla musica nelle persone. Fotografie e brevi video che si integrano con la performance del quintetto e offrono una esplorazione del nostro mondo plurale e decisamente più varia di quanto qualunque videomaker avrebbe potuto realizzare.


La Casa del Jazz è il palcoscenico per la presentazione di Magellano. Se si vuole, il concerto sviluppa in maniera musicale quanto fatto per il video, vale a dire la possibilità, la necessità quasi, di aumentare il numero dei punti di vista, di dare profondità prospettica al discorso: la direzione viene data dalle composizioni di Gianni Savelli, dalla visione orchestrale e dal disegno della formazione; Aldo Bassi, Enrico Zanisi, Luca Pirozzi e Alessandro Marzi danno un contributo prezioso e offrono, con i loro interventi sempre propositivi, la possibilità di leggere diversamente i passaggi e i dettagli presenti negli arrangiamenti. La scelta di riprendere un paio di brani dai precedenti lavori offre una ulteriore occasione in questo senso: la rilettura a distanza di tempo di un tema e quindi l’influenza di tutti i cambiamenti, le aggiunte e le sottrazioni, la maturazione di un punto di vista e la capacità di intervenire in maniera differente.


Media Res, come si diceva, giunge al suo terzo capitolo. Gianni Savelli ha avuto sin dall’inizio in Aldo Bassi un compagno fedele per questa avventura musicale. L’affiatamento tra i due solisti si nota ancora prima che cominci la musica: sguardi, movimenti, complicità, sponde reciproche si intrecciano sin dal momento in cui il sassofonista stacca il tempo per il primo brano. Zanisi, Pirozzi e Marzi sono entrati a far parte del progetto nel corso degli anni e danno comunque al quintetto un volto ormai solido. Ad aumentare la confidenza tra i vari musicisti vanno aggiunte poi le molteplici collaborazioni incrociate in altri contesti.


Savelli riesce ad equilibrare in maniera fruttuosa la scrittura e lo slancio dei musicisti, lascia sempre aperta la strada alle combinazioni. La “traduzione” per quintetto dei momenti orchestrali, ad esempio, passa certo attraverso il pensiero, un nuovo arrangiamento e la disposizione dei momenti, ma arriva al pubblico grazie alla profonda partecipazione e alla convinta aderenza al senso delle composizioni da parte di ciascuno dei protagonisti. Un meccanismo corale, perciò, dove le diverse personalità trovano il modo di seguire gli spunti presenti nelle composizioni e di suggerirne altri.


I brani proposti durante il concerto – tutte composizioni di Savelli e una rilettura delle Bachianas Brasileiras di Heitor Villa-Lobos – rappresentano bene il percorso lungo e sedimentato effettuato dalla formazione in questi anni. Sguardo cinematografico, dimensione orchestrale, reminiscenze colte, interesse per le tante manifestazioni del folklore e, naturalmente, il jazz nelle sue varie declinazioni. Se i temi portano nel DNA un approccio moderato e riflessivo, nell’esecuzione dal vivo Savelli e i musicisti lasciano uscire la parte più sanguigna: volendo semplificare in maniera del tutto approssimativa, è come se scrivendo il sassofonista avesse avuto in mente il Miles Davis dei suoi incontri con Gil Evans e portando il materiale dal vivo avesse eletto John Coltrane come nume tutelare. Se l’esempio può lasciare il tempo che trova, di sicuro il senso delle composizioni, la disposizione ampia dei momenti che le avvicina in alcuni casi a delle piccole suite, prende un passo differente quando i cinque musicisti calcano le assi del palco: si torna alla concezione plurale, alla sfuggevole alchimia offerta dal confronto con l’altro e con il pubblico, la prospettiva in più, l’angolazione diversa, sia pur di pochissimo, che crea presupposti per una lettura e un’interpretazione di altro tenore.


Da sempre, Media Res si offre come terreno di mezzo tra stimoli e intenzioni: se i vari ingredienti possono essere ancora riconoscibili, la sintesi proposta è ormai salda ed è stata assimilata in modo profondo tanto da diventare la ragion d’essere del quintetto. Il continuo gioco di sponde è lo sbocco naturale di un percorso capace di far convivere, ad esempio, la ricerca di materiali esterni al nucleo espressivo del jazz e il disegno “canonico” della formazione, senza creare contraddizioni ma ponendo l’accento sulla condivisione, sulla coralità, sulla ricerca dei punti comuni e, come nel video di Pacifico, in un disegno creato dalla somma di tante componenti diverse. Indirizzato, magari, dal contorno individuato dal sassofonista ma colorato e anche modificato dagli interventi che via via si affiancano nel racconto.



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