David Torn – Only sky

David Torn - Only sky

ECM Records – ECM 2433 – 2015



David Torn: chitarra elettrica, oud elettrico





“Soltanto il cielo” a volta sul ponderoso (e ponderante) opus in solo – e momento di verità – del chitarristico talento newyorkese, già ampiamente operativo tra il pop di ricerca e i suoi correlati in jazz, esperienze dei cui sapidi caratteri si forgia una distillata sintesi lungo le nove curate tracce di un album ripreso al newyorkese Experimental Media and Performing Arts Center, e le cui note di presentazione invitano senza mezzi termini a “perdervisi dentro”.


Suggerimento nemmeno tanto lontano dal correlato dell’ascolto, intessuto da statuarie polifonie, talora sottili mimesi violinistiche, ma su tutto un pieno investimento sul potenziale linguistico della chitarra elettrificata, toccante e che a più riprese sortirà stupefacente anche per i non-stretti cultori dello strumento e delle sue orbite espressive.


Dismesse le tensioni metropolitane esplicitate nei lavori di varia morfologia elettro-acustica, operando per sottrazione rispetto alle frequentazioni alla Tim Berne (dalle quali risulta comunque magnificato un intricato sentire cameristico), non rinnegate, quanto piuttosto sublimate lungo un’articolazione linguistica che non abiura ad una personalità (strumentale e solistica) scandita dai segni dell’onda lunghissima del rock.


Suggestivo il supporto di tape-loops e altri (ma non determinanti) artifici, oltre alle toniche sortite sull’elettrificato, arabico oud (nell’intensa, introduttiva At least there was nothing) conferendo da un lato concretezza, dall’altro ulteriore estraniamento ad un canovaccio aperto, di libera ricerca improntata da uno spirito confessionale e di auto-introspezione.


Meditazioni in rock di fibra sottile ma anche lambite da fiammate di memoria hendrixiana e dagli urticanti sentori ‘acid’ e psychedelic della chitarra del più grande arsenale pop-rock (I could almost see the room) , oltre alle (semi-incidentali) assonanze, dai livori rypdaliani (Only sky) alla calda eloquenza friselliana, in quest’ultimo caso (Spoke with folks) a rappresentanza del denso e vissuto respiro del ricco filone “Americana”, lasciando simbolicamente a titoli quali A goddamned specific unbalance più spunti leganti tra le angosce crimsoniane, le rabbie del cantautorato anglo-americano e il più puro lirismo blues.


Lambito dagli aspetti meno impersonali ed agnostici di un certo Ambient, vivente di sospensione metafisica, persistente refrain onirico e visionarietà meta-stilistica (Was a cave, there…) , la partecipazione di pura vena istintuale argomenta varie connessioni, non del tutto ermetiche, con certe visioni in solitaria, da Robert Fripp a David Darling (giusto per estrema sintesi tra le eterogenee analogie).
La dimensione spettacolare dell’album sfiora densità di grande respiro orchestrale, ma potrebbe senza paradossi (e con poca esagerazione) essere la magnificazione della performance di un (assai dotato) artista di strada – la plurivalenza dimensionale del lavoro essendo ulteriore riprova della piena esposizione creativa nonché della profonda onestà con cui il solista incide un’ulteriore livello della propria Arte.


Alieno dall’ambizione di farsi trattazione quanto piuttosto agile prontuario della forza evocativa delle sei corde, esteso e fluido ponte che insieme al proprio animatore si fanno tramite di un’espressione pulsante e raggiante d’orgoglio semantico, sintesi e poema di tutti gli sguardi, e aspirazioni, rivolti al proprio, condiviso e interiore cielo.


Soltanto.


Link correlato: http://player.ecmrecords.com/torn-2433