Foto: Gianmichele Taormina
Roccella Jazz Festival. Jazzy Christmas 2015
Roccella Jonica – 25/30.12.2015
Tra lo splendido scenario di un mare d’inverno e le morbide colline di Roccella Jonica, a chiudere tutte le edizioni festivaliere nazionali del 2015 ci ha pensato ancora una volta la seconda edizione di Jazzy Cristmas.
Complice una temperatura favorevole e per nulla ingenerosa, le sei giornate previste in cartellone hanno contrassegnato per lo più la presenza di una piccola ma ben rappresentata compagine del nostro miglior jazz italiano.
Unico concerto identificativo di certo “nuovo vento” americano è stato quello di The Bell. La granitica formazione guidata dal batterista e vibrafonista Ches Smith ha presentato in anteprima europea il suo primo lavoro in casa ECM. In un processo di analisi logica per nulla schematica, libertà propulsiva e articolatissimo dialogo fondavano i momenti migliori dell’esibizione. Esplodendo combinazioni imprevedibili create “in diretta” sul palco, il trio ha fornito sviluppi armonici talvolta ipnotici ed esoterici, salvo poi confluire nelle linee rigorose e inesauribili di un pianista lungimirante come Craig Taborn. Temi ricchi di liricità e turbolenze ad altissimo livello quelli esposti, dentro un continuo laboratorio melodico inscenato dal terzo elemento creativo: quel Mat Maneri alla viola, musicista sempre intuitivo e ago della bilancia mai trasversale. Che dire, se non puro spettacolo per gli occhi e per le orecchie?
Altro trio delle meraviglie è stato quello di Franco D’Andrea. Consolidando il linguaggio e l’estro di una formazione attiva ormai da tempo, D’Andrea ha proiettato le molteplici colorazioni di longitudini a lui care nell’esplorazione interiore che da sempre lo contraddistingue nonchè nel diabolico, fitto interplay instaurato con una ritmica superlativa. Aldo Mella è contrabbassista virtuoso e assai versatile, sempre pronto ad inserirsi con fervida originalità nel meraviglioso contrappunto periferico da lui stesso ideato. Ugualmente dicasi di Zeno De Rossi, drummer visionario ed esaltante in ogni sua bacchettata, prodigiosa non solo di elaborato swing ma anche di silenzi, riflessioni e di grandi esplorazioni creative.
Modernissimo straight bop dalle vistose prodezze è stato quello narrato sul palco dell’Auditorium Comunale dal quartetto di Antonio Faraò. Affiancato dalla splendente presenza di Maurizio Giammarco, Roberto Gatto e Aldo Vigorito, il pianista milanese ha esposto quasi tutte le composizioni contenute in Boundaries, suo ultimo lavoro discografico. L’elegantissimo omonimo tema è l’esempio più esplicito della direzione ideale intrapresa da Faraò: moderne tessiture armoniche, incandescenti interventi solisti, esaltante lucidità nel gioco ternario intessuto con i suoi compagni di cordata. Un prodigio che si conclama nella meravigliosa esposizione di Maiden Voyage di Herbie Hanconck e nella fulminante rivisitazione di Hand Jive, a firma di Tony Williams. Ma è sempre Faraò che conferma la sua penna eterea e trasognante nella suggestiva ballad My Sweetest, per chiudere infine con Black Inside, swing e walking bass tiratissimi, per questo suo cavallo di battaglia datato 1998.
Rock-Jazz dal temperamento passionale e tumultuoso quello viceversa presentato dal notevole Core Trio di Roberto Cecchetto. Reduce da meritati apprezzamenti di pubblico e critica per la sua ultima incisione discografica, Live at Cape Town (pubblicata per la Nau Records di Gianni Barone), Cecchetto ha esposto con estrema intensità le avanzate combinazioni scaturite dalla sua fulgida scrittura. Riff dalla potente forza centrifuga eppure flessibili verso dinamiche costruite anche da momenti di cantabilità. Altre volte intrise da trascinanti tensioni e soluzioni ritmiche attinte dallo stesso calamaio compositivo presente nell’accattivante cd.
Di differente estrazione ed esiti gli altri chitarristi esibitisi a Roccella hanno giostrato su una vasta varietà di elementi e argomentazioni.
Filippo Cosentino ha incantato per la pregevole delicatezza con la quale ha esposto la sua musica docile e sinuosa. Tematiche per lo più carezzevoli dalle soffuse tinte poetiche, rese ancor più brillanti dall’uso esclusivo della chitarra baritona.
Fabrizio Savino e il suo trio (completato da Francesco Angiuli al contrabbasso e Gianlivio Liberti alla batteria), ha dimostrato grande fairplay e notevole padronanza dello strumento, muovendosi tra swing e modernità, suono solare e ambiziose soluzioni compositive.
Improvvisazione visuale (più che radicale), con un concetto approfondito di arte e musica, splendida composizione istanatanea e rivelazione di un ampio vocabolario di libertà sonora è stata invece l’esibizione della Tai No-Orchestra.
Composta da Massimo Falascone, Roberto Del Piano, Filippo Monico e i live visual di Roberto Masotti e Gianluca Lo Presti, la formazione che consta generalmente di circa 30 elementi, ha esposto con enorme senso degli spazi, la complessa interazione tra suoni e mondo visuale. Tra le fotografie e i video di Masotti e Lo Presti, la musica si stagliava alta nelle fitte conversazioni dei tre strumentisti i quali tendevano ad un obbiettivo estetico di grande eloquenza interpretativa, esponendo infine un progetto pienamente riuscito di inconsueta ma prestigiosa musica delle sensazioni.
Notevole sorpresa è stata poi quella suscitata dal trio di Claudio Cojaniz. Con un programma autografo dedicato interamente agli inni sacri (ovviamente in chiave jazz), ha letteralmente stupito e ammaliato il pubblico accorso presso l’Ex Convento dei Minimi. Austerità e agilità profetioca quella del Maestro friulano, ma anche modernità cantabile mai banale, innervata da splendidi expolit solisti e innesti dei fidi Alessandro Turchet (contrabbasso) e Luca Grizzo (percussioni).
Nella medesima location, il duo Dimidiam, formato da Massimiliano Milesi al sax tenore e Giacomo Papetti alla chitarra basso, hanno presentato il loro nuovo omonimo lavoro, costruito da musiche cesellate da melodie chiaroscurali, incentrate sul bel dialogo improvvisativo e il reciproco ascoltarsi dei due giovani eppur già dotati strumentisti.
Oltre al bel drumming del giovane roccellese Federico Placanica col suo trio, nel corso della kermesse hanno incuriosito ottenendo la gradita acclamazione del pubblico, i concerti di Luca Ciarla e Greta Panettieri.
Abile e virtuoso violinosta molisano, Ciarla ha esposto le sue musiche ispirate a sonorità balcaniche e mediterranee, permeate da slanci sanguigni e articolate sfaccettature provenienti da vari angoli del globo.
Che bella poi la voce della Panettieri alla testa di un quintetto completato da Daniele Tittarelli (sax contralto), Francesco Puglisi (basso elettrico) Andrea Sammartino (pianoforte) e Armando Sciommeri (batteria). Canzoni appartenenti ad un «Viaggio In Jazz» con testi in brasiliano, francese e italiano, hanno composto il variegato songbook della bravissima vocalist romana come Sono Qui Per Te di Bruno Canfora e Lina Wertmüller oppure O Trem Azul scritta da Milton Nascimento e Lô Borges, a Roccella magnificamente rallentata nella sua reinterpretazione.
Ancora musiche e non semplici canzoni, quelle di una lady in jazz come Rossana Casale, colorate da uno spirito invernale che raccontava il Natale visto da angolazioni cantaurtoriali. Protagonisti di questi paesaggi sonori i testi di Gianni Rodari, Fernando Pessoa e Erri De Luca con musiche di George Brassens e Henry Salvador, di Tom Waits, Edith Piaf e infine di Gilberto Gil con l’incantevole ballad Se Eu Quiser Falar Com Deus.
Grande e raffinata interprete, molto maturata negli anni, la Casale è stata capace di costruire uno spettacolo di musica, teatro e bella intensità, per chiudere felicemente la rassegna natalizia roccellese.
Giusto pare infine citare gli eventi collaterali sorti in parallello al festival: le Master Classes di Matt Maneri, Franco D’Andrea, Roberto Cecchetto e ancora della Panetteri, di Luca Ciarla e Daniele Tittarelli, l’interessantissima conferenza stampa della Tai-No Orchestra e, per concludere, la presentazione dei due splendidi volumi fotografici pubblicati dalla Arcana. Uno a firma di Roberto Masotti (Keith Jarrett – Un Ritratto), l’altro ancora di Masotti ma al 50 % con la compagna Silvia Lelli intitolato Stratos e Area, libro dedicato all’indimenticabile figura di Demetro Stratos e alla storica band cui ne fece parte fino al 1978.
«Siamo già alacremente a lavoro per la realizzazione dell’edizione estiva 2016» ci ha detto a conclusione di festival Vincenzo Staiano che, con Paola Pinchera, ci riserveranno di sicuro sorprese, il tutto ancora rigorosamente a “bocche cucite”.