Slideshow. Paolo Botti

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Slideshow. Paolo Botti


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Paolo Botti?


Paolo Botti: Un artigiano della musica, che ama costruirla con calma e pazienza, provando e riprovando… Uno che ama molto insegnarla, condividerla, viverla in relazione agli altri.



JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?


PB: Direi che è legato a mia nonna che era una ottima pianista dilettante. Aveva un grande piano a coda nel suo salotto e quando suonava mi affascinava la concentrazione nel suo sguardo. A volte mi concedeva di girarle le pagine, mi sentivo molto responsabilizzato.



JC: Mi parli dei tuoi ultimi dischi, compreso lo “special” per la rivista Musica jazz?


PB: Quest’anno è stato molto prolifico: non avevo mai realizzato due cd nello stesso periodo. Sono due progetti molto diversi, il lavoro su Lomax è stato un parto lungo, prima mi sono documentato sulle sue registrazioni poi ho immaginato in che modo realizzare le mie versioni e infine ho convocato i diversi musicisti a casa mia in varie formazioni, poi c’è stata tutta la parte di missaggio e montaggio anche con le registrazioni ambientali che avevamo realizzato, credo che il tutto sia durato quasi due anni! La Fabbrica dei Botti invece è il gruppo più recente cui ho dato vita, con loro suonare è facilissimo! Oltre ad essere musicisti fantastici, sono persone con cui ho condiviso tanto sia nella musica che nella vita e negli affetti, abbiamo lo stesso “sentire” e quindi è davvero tutto molto naturale!



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?


PB: Il jazz mi ha affascinato solo intorno ai 18 anni, prima non mi diceva molto: ero più attratto dal blues, dalla musica folk sia americana che europea, e da certo rock. Poi ho capito quanto tutte queste musiche erano legate e rapidamente il jazz è diventata la mia missione! Ho trovato in questo linguaggio il grado massimo di libertà espressiva, direi che è proprio l’aspetto dell’improvvisazione e dell’immediatezza del momento creativo che mi ha conquistato.



JC: E in particolare tra i molti strumenti che suoni quali prediligi?


PB: Senza dubbio la viola, che considero “la mia voce”, ma anche tutti gli altri strumenti mi appassionano molto: mi permettono di creare impasti timbrici diversi e di sfruttare maggiormente l’aspetto armonico. Poi gli strumenti a me piacciono tutti e vorrei saperli suonare tutti! Da qualche tempo mi dedico anche alla tromba (con risultati modesti per altro) ed in questo concerto userò anche il basso elettrico collegato ad una loop machine per creare degli accompagnamenti su cui improvvisare con la viola: è la prima volta che sperimento questa cosa dal vivo!



JC: Cos’è per te il jazz?


PB: Il jazz è un linguaggio che pur avendo una sua specificità molto forte è allo stesso tempo molto elastico e disponibile a interagire e a ibridarsi con altri linguaggi, questo lo rende unico ai miei occhi.



JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che invece associ alla tua musica jazz?


PB: Mi piace pensare che la mia musica possa esprimere un senso di libertà e di serenità, non amo la musica “a tesi” spero che ogni mia composizione possa avere più chiavi di lettura come una poesia.



JC: Tra i dischi che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?


PB: Difficile dire, ogni disco che ho fatto per me non è solo una raccolta di brani ma un momento specifico della mia vita fatto anche di luoghi, persone, pensieri, passioni! Se penso al mio primo disco mi commuovo quasi: quanti dubbi, ripensamenti, chiacchierate infinite con i musicisti e le persone vicine… Ogni disco corrisponde ad un capitolo della mia vita, non riesco a scegliere!



JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


PB: Sicuramente non i miei! Direi che non potrebbero mancare Bob Dylan, Mozart, Ellington…



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


PB: Mi piace ricordare due persone care che sono state centrali nel mio sviluppo come musicista: Bruno Tommaso e Franco D’Andrea. Mi considero davvero fortunato ad aver incontrato questi due grandi maestri perché hanno entrambi avuto quella dote speciale che è fondamentale per un insegnante: dare ad un ragazzo la chiave per far crescere la musica che è in lui.



JC: E i solisti che ti hanno maggiormente influenzato?


PB: Sicuramente Ornette Coleman.



JC: Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?


PB: Vivere col jazz non è facile, le soddisfazioni te le devi conquistare col sudore una per una! Ma quando sei sul palco e vedi tante persone sconosciute concentrate e assorte che ascoltano la tua musica… pensi di essere un privilegiato! I momenti più belli della mia carriera di musicista sono questi: stare sul palco e far sognare chi ascolta.



JC: Quali sono i musicisti con cui ami collaborare?


PB: Sono quelli che guardano al jazz con spirito aperto e curioso, non quelli che si arroccano in certezze granitiche! Io sono un musicista che ama collaborare a lungo con le stesse persone: il mio quartetto è attivo da 15 anni con gli stessi musicisti a cui sono legatissimo. Poi ci sono i gruppi di cui faccio parte da coleader, come The Leaping Fish Trio, più recentemente il quartetto Ju Ju Sounds… Mi piace tessere rapporti che continuano negli anni!



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia?


PB: In Italia abbiamo ormai raggiunto un livello altissimo di qualità tra i musicisti: mi capita sempre più spesso di collaborare con colleghi molto più giovani di me che suonano davvero in maniera eccezionale non solo dal punto di vista tecnico ma anche da quello espressivo e creativo. Peccato che ci sia così poca attenzione da parte delle istituzioni…



JC: E più in generale della cultura in Italia?


PB: Vale lo stesso discorso: l’Italia è un paese pieno di cultura, non solo legata al nostro glorioso passato: nel cinema, nella fotografia, nella grafica, nella letteratura, nel teatro, in ogni ambito c’è davvero tanta eccellenza… Manca chi dovrebbe dare spazio e investire in tutto questo. Ma la motivazione di chi fa e ama la cultura è più forte, riesce a esprimersi lo stesso!



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


PB: Voglio concentrami sulla promozione del mio gruppo, La Fabbrica dei Botti: purtroppo come manager non sono un granché, ma ce la metterò tutta!