Dodicilune Dischi – Ed346 – 2015
Roberto Ottaviano: sax soprano
Gianluigi Trovesi: clarinetto alto
Glenn Ferris: trombone
Michel Godard: tuba, serpente, basso elettrico
Roberto Ottaviano è in un periodo di grazia, di grande vena creativa. Dopo l’incisione del notevole Soffio primitivo e del bellissimo Forgotten matches, dedicato a Steve Lacy, il musicista barese torna a pubblicare per Dodicilune quest’ultimo disco e ancora una volta fa centro in pieno. Astrolabio è una specie di itinerario sghembo, non rettilineo, fra musiche di segno opposto, amalgamate, però, da una linea estetica precisa, appartenente al compositore pugliese. Accanto ad un certo numero di brani originali, infatti, si possono ascoltare due pezzi di autori arabi e due titoli tratti dal repertorio dei Gentle Giant, storico gruppo pop inglese degli anni settanta.
Si procede fra rimandi all’etno-folk, puntate in danze popolari di stampo antico, scorribande in un prog-rock prosciugato dagli effetti elettronici e da un’eccessiva schematizzazione, per finire in un pezzo dal clima sospeso, astratto, lontano da quanto si è ascoltato fino a quel momento.
Per registrare il cd, Ottaviano ha radunato tre solisti formidabili che contribuiscono in maniera determinante alla riuscita dell’operazione.
Gianluigi Trovesi, per l’occasione al clarinetto contralto, si esalta in questo jazz con un’anima vagamente world music, o meglio con le basi ben piantate in un folk multiculturale e uno sviluppo oscillante fra classicità e moderata avanguardia. Il clarinetto volteggia sulle melodie, incrocia il sax soprano in gustosi duetti e concorre a caratterizzare timbricamente l’armonizzazione delle varie tracce.
Michel Godard è una forza della natura, spinge e pompa sui suoi ottoni, architettando un accompagnamento profondo, vigoroso e sgargiante. Negli assoli lo strumentista francese spara bordate feroci, efficacissime, risultando ruspante e raffinato allo stesso tempo. Come se non bastasse in alcuni frangenti si esibisce pure con il basso elettrico, da polistrumentista verace..
Completa il quartetto Glenn Ferris, già sodale del bandleader nel suo ultimo album, un trombonista eclettico, capace di sintetizzare nel suo fraseggio e nel suo suono tradizione e modernità, rivelando, inoltre, un’indole da gregario accanto a doti di primo livello.
Ottaviano concede il giusto spazio ai suoi partner, lavora alla pari con i compagni, salvo ritagliarsi, al momento opportuno, le aperture adeguate per interventi taglienti e incisivi. Se può servire ad illustrare il quadro d’insieme, il sax soprano suona in modo piuttosto dissimile rispetto al disco precedente. L’ombra del modello Lacy è distante, cioè, da questo contesto. E non si può che sottolineare questo elemento come testimonianza di una personalità inquieta e basculante fra opposte suggestioni.
Astrolabio è, in fin dei conti, un piccolo gioiello che certifica un ulteriore passo in avanti nella carriera discografica di un sassofonista fra i più interessanti del panorama jazzistico italiano. Dopo alcuni anni in cui Ottaviano non aveva proposto registrazioni veramente memorabili, nell’ultimo triennio il musicista è tornato a sorprenderci con dischi e concerti di grande valore, ogni volta attinenti a idee nuove e a progetti inediti, sempre da ascoltare con la massima attenzione e con pari godimento.