Foto: la copertina del libro
Giancarlo Schiaffini. Tragicommedia dell’ascolto
Auditorium Edizioni. 2015
Se nel precedente E non chiamatelo jazz… – uscito, sempre per Auditorium, nel 2011 – l’attenzione dell’autore si focalizzava sui caratteri assunti dall’improvvisazione nelle diverse prassi interpretative, dalla musica contemporanea alle avanguardie e al jazz, il nuovo libro di Giancarlo Schiaffini punta la sua attenzione verso la dimensione odierna dell’ascolto. E lo fa con la cura del particolare propria del suo modo di essere musicista. Un atteggiamento laico e libero, dove il dettaglio viene analizzato con attenzione ma senza perdere di vista il complesso del ragionamento. Il libro risulta perciò una agile scorribanda nelle tante maniere di affrontare l’esperienza dell’ascolto: se si riconoscono la prospettiva e le problematiche insite nel punto di vista del musicista, Schiaffini è capace di astrarre dalle strettoie di un singolo ruolo per mostrarsi, come già nel precedente, un intellettuale curioso, un osservatore arguto della realtà e del fatto musicale.
Il volume è ricco di citazioni e di estratti da altri volumi. Un confronto ampio e aperto a suggestioni di provenienza diversa, utile per condurre passo dopo passo il lettore e lasciargli percepire come Schiaffini abbia costruito il suo mondo di idee. Spunti utilizzati con una continua e serena addizione di elementi – a seconda dei casi, letti, vissuti, suonati, interpretati, digeriti e rielaborati – immagazzinati e ripresi come punto di partenza per pensieri, riflessioni e avventure intellettuali. Se si passa da Marcel Proust a LeRoy Jones, toccando musicologi e pensatori diversi per storia e appartenenza tematica, il vero valore aggiunto del racconto è costituito dal filo logico che scaturisce e si innesta sulle sintesi sempre efficaci di Schiaffini e sugli episodi vissuti in prima persona.
Silenzio, ascolto, registrazione, musica dal vivo, intenzioni dei musicisti e dei fruitori: gli elementi di riflessione proposti nelle 126 pagine del libro sono molti e tutti fertili. A partire dalle questioni connesse al relativismo culturale e al senso universale della musica, argomenti che in qualche modo avviano alla conclusione il filo logico del volume, affidata ad un capitolo dal titolo estremamente pertinente e centrale: “Ascolto ricettivo (passivo), ascolto critico (attivo)”. L’invito rivolto da Schiaffini è quindi andare oltre ma anche considerare le proprie disposizioni e predisposizioni quando ci si accinge all’atto di ascoltare, la preparazione culturale e l’attitudine rivolta all'”oggetto sonoro”.
Le possibilità disponibili oggi per entrare in contatto con la musica rendono la situazione odierna del tutto indefinibile: il cambiamento continuo di forme e mezzi offre spazio a contraddizioni e interrogativi. Schiaffini analizza con cura il senso, il messaggio, le modalità di fruizione della musica per consegnare al lettore una traccia formata da indicazioni e suggerimenti, una traccia da far propria per iniziare un percorso personale verso un ascolto che non sia casuale.
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