Abeat Records – ABJZ147 – 2015
Michele Di Toro: pianoforte
Flying è il secondo cd di piano solo inciso da Michele Di Toro, dopo Echlocation” del 2012. In questo album il pianista affronta un certo numero di temi originali, quattro improvvisazioni, più un arrangiamento ad hoc di Adagio assai proveniente da un concerto per pianoforte e orchestra di Maurice Ravel. Non solo Ravel, fra gli autori classici, però, viene omaggiato nel disco. In un pezzo si fa riferimento a Mozart e in un altro a Bach. Insomma il substrato accademico filtra in questo vero e proprio scavo nel mondo interiore del titolare del cd, volando alto o basso, a seconda dei casi, nelle preferenze, nelle passioni più o meno esplicitate di un personaggio dotato di una maniera ben individuabile di affrontare il repertorio scelto. I temi sono, infatti, prima esposti, poi ripetuti, analizzati e trasferiti a volte in altra tonalità, modificati nella dinamica, nel ritmo, con piccole accelerazioni e decelerazioni. Tutto è molto contenuto nei toni e nei modi. Insomma si tratta di un lavoro attento ai dettagli, ai particolari, alle sottigliezze, giocato su tinte tenui, colori morbidi, scartando, di proposito, i riflessi marcati o violenti. Questo procedere così avviluppato su sé stesso, privo di aperture oltre confini ben segnati, alla lunga diventa estenuante per la ripetitività delle soluzioni che via via si incontrano. Sono da apprezzare, sicuramente, le doti tecniche, la sensibilità e la bellezza del tocco sulla tastiera, da parte di Di Toro. Sono meno convincenti il suo insistere su un motivo, una frase, il suo ricamare all’interno di spazi definiti e chiusi, il suo girare e rigirare intorno ad una idea, con un approccio minimalista alla lunga lezioso, snervato.
Un vero e proprio colpo di coda viene, comunque, dalla Improquattro, dove il pianista abbandona le atmosfere tratteggiate fino a quel momento, per realizzare un brano fortemente ritmico, percussivo e libero da una costruzione troppo delineata.
Flying, in conclusione, contiene luci e ombre. Non sempre la musica dell’album riesce a sollevarsi da terra, a salire in alto. Spesso la zavorra delle iterazioni insistite, la mancanza di varietà nella progressione delle tracce, impediscono alle composizioni di Di Toro di prendere veramente il volo (che in inglese si traduce appunto “fly”).