Daniel Herskedal – Slow Eastbound Train

Daniel Herskedal - Slow Eastbound Train

Edition Records – EDN 1057 – 2015



Daniel Herskedal: tuba, tromba basso

Eyolf Dale: pianoforte

Helge Andreas Norbakken: percussioni

The Trondheim Soloists: strumenti ad arco








La tuba solista in jazz non ne è probabilmente la vedette più inflazionata, e le relative fisica e gamma acustica praticamente obbligano a farsene esponente quanto meno di spiccata originalità.


I trascorsi del giovane praticante di profondi ottoni (che qui annoverano anche una decisamente ben più rara tromba basso) sono qualificati alquanto, se con tali si conviene circa le partnership da Django Bates all’ultima generazione del who’s-who norvegese, e l’operazione non decolla male, se si vuol riconoscere attrattiva ad una semi-ispirata The Mistral Noir, ove s’apprezza l’interessante interazione tra una filante tromba basso e le pulsazioni impresse dalla tuba, apparentandosi a certi mondi di cantabile tinta oscura alla Eberhard Weber, ma il passo si perde alquanto nell’entrare in più vivaci arene, tali Monsoon Coming o l’eponima Slow Eastbound Train che risuonano di certe più disinvolte esperienze, tra Wesseltoft e Garbarek, più abili magari nel reggere certa materia di colore, e di richiamo, che qui piuttosto esita in una fusion snervata e per più versi fatua, e dove si tenta la dimensione dell’affresco il senso pittorico posto in gioco si palesa in fondo labile e snervato, lasciando attendere per lo più invano o con limitato appagamento un’impennata ispirativa o energetica, giungendo almeno senza danni all’epilogo della sequenza, che tenta di pareggiare in forma ciclica i bilanci, spegnendosi nella crepuscolare Sea Breeze Front, di tenore analogo alla track del prologo.


Line-up non sovraccarica, non priva d’ariosità e leggerezza (complici il pianismo squillante di Eyolf Dale e le agilità percussive di Helge Andreas Norbakken – giovandosi anche degli apporti d’arco dei Trondheim Soloists), in cui gli strumenti dimostrano duttilità, e competente esposizione solistica, oltre ad un eccentrico lirismo assai risonante di quei segni coagulatisi sul jazz nordico: le costruzioni spesso si palesano fragili, irrisolte e di respiro corto, almeno in senso ideativo, e l’impianto tende un po’ a franare nei momenti di maggior ambizione.


Pochi dubbi sul fatto che l’onesto Herskedal abbia lavorato, nella sua seconda uscita per Edition records, per una crescita identitaria ma, in buona sostanza, smarcarsi maggiormente dalla (legittima) dimensione narcisista a favore di maggior e più concentrato rischio compositivo ed una più ponderata amministrazione dei limiti intrinseci avrebbe sortito più convincenti esiti: risiedeva verosimilmente nel DNA di quest’operazione l’esser predestinata ad una collocazione di nicchia e, piuttosto latente l’abilità nel tratteggiare soluzioni originali e poche le pretese in pectore di sfondare il muro del suono e della persistenza, sarebbe probabilmente risultato utile liberarsi da certe tentazioni imitative per conferire maggior ruolo e più spiccata fisionomia ad un lavoro accurato ma dalle tiepide qualità.



Link correlato: danielherskedal.bandcamp.com/album/slow-eastbound-train