Lizz Wright – Freedom & Surrender

Lizz Wright - Freedom & Surrender

Concord Records – CRE-37220-02 – 2015



Lizz Wright: voce solista, cori

Kenny Banks: piano Fender Rhodes, Wurlitzer, pianoforte

Peter Kuzma: organo Hammond B3

Dean Parks: chitarra elettrica, chitarra baritono

Dan Lutz: contrabbasso

Vinnie Colaiuta: batteria

Pete Korpula: percussioni

Larry Klein: funk box, chitarra acustica, handclap


ospiti:

Gregory Porter: voce

Till Bronner: flicorno

Jesse Harris: chitarra classica

Billy Childs: Fender Rhodes






Difficile non essere ricondotti, a sensazione, nell’introduttiva, semi-eponima Freedom, a quel trionfo woodstockiano di Richie Havens (che in realtà s’intitolava Motherless Child, ma dato il refrain il concetto non cambia), che qui allenta la parossisitica concitazione havensiana stemperando il suo carattere nell’elettrico colore e una più gommata corrente danzante; nella transizione verso la concisa ma catturante The game (a propria firma come la maggior parte delle tracks) siamo condotti entro la calda e naturale seduttività di quest’interprete, che con mezzi apparentemente semplici intesse un personale mondo, alla cui fisionomia contribuisce una line-up di motivati sidemen, e certamente le sapienti cure produttive di Mr Larry Klein (cui possono essere ascritte vaghe e in nulla spiacevoli eco jonimitchelliane).


Una ricerca pregiudiziale di elementi innovativi potrebbe alienare una serena disposizione all’ascolto e alla fruizione dell’album, poco graziando un prodotto d’arte definita che comunque segna un relativo punto di svolta per la vocalist georgiana Lizz Wright, pienamente calata nella cultura del gospel sudista, ma già abile a definirsi con variegata fisionomia entro vari canoni del jazz entertainment.


Di spessore la guest-starring di Gregory Porter, il cui baritonale calore conferisce serene onde ad un duettare sofisticato e di respiro naturale in Right where You are, come le limpide rotondità del flicorno nella successiva River Man, dall’ipnogeno e decantato passo di danza notturna (rispetto all’originale di Nick Drake); conferendo stratificata nobiltà blues anche alla hit To love somebody (provvista di ben differente vita nell’originaria versione Bee Gees), si attraversano solide correnti nella fluente Here and Now, fino alla conclusiva, altra semi-eponima Surrender, di nuovo affidata alla firma del bluesman Toshi Reagon, e solida prova di naturalezza nel dominio dell’arte del cantato, non privo di preziosismi, nella propria riproduzione in forma d’accompagnamento corale.


Calore interpretativo a fuoco lento ma comunque penetrante quello esposto e fondativo in Freedom & Surrender, che fissa nitido un punto d’emergenza stilistico e partecipativo; incisione che non esita a dilatare temporalmente il soundscape (attingendo semi-filologicamente alle sonorità d’antan, in particolare quelle affidate alle tastiere), l’ultima e ben confezionata fatica di Lizz Wright c’informa soltanto dello stato dell’arte del soul autoriale di maniera ma potrà pacificare anche i non-cultori verso la calda, famigliare fucina del gospel, le cui luminose energie conformano ulteriormente un’esponente di stile trasversale ed ampia leggibilità.