Foto: Fabio Ciminiera
Franco D’Andrea Traditions Today @ Moody Jazz Café, Foggia
Foggia, Moody Jazz Café @ Sala Farina – 30.4.2016
Franco D’Andrea: pianoforte
Daniele D’Agaro: clarinetto
Mauro Ottolini: trombone
Franco D’Andrea conduce da molto tempo una ricerca jazzistica tra tradizioni e innovazione. La formula del trio senza ritmica è la chiave per sondare ed esplorare le possibili connessioni presenti nei temi e nei successivi sviluppi, una pratica condotta con velocità e senso dell’improvvisazione, senza gli ostacoli posti dalle consuetudini e dal rispetto dei ruoli.
Il nucleo del progetto in trio si basa su un repertorio di una cinquantina tra temi originali, standard e riff ai quali si aggiungono le idee e le intuizioni estemporanee di D’Andrea e dei suoi due compagni di palco, vale a dire Mauro Ottolini e Daniele D’Agaro. Una ricca e corposa tabella di input viene processata secondo schemi di volta in volta mutevoli e, soprattutto, sul filo di un equilibrio sempre in via di costruzione. Lo dimostra il gioco di sguardi che corre sul palco, l’ascolto reciproco e la continua risposta alle nuove mosse proposte dai singoli giocatori. È un aspetto che si coglie bene anche nella mimica di D’Agaro e Ottolini: pronti a soffiare nei loro strumenti, ma fermi nell’attesa di intuire lo sviluppo delle frasi che si agitano sul palco.
La scelta dei brani coinvolge, poi, tutta una serie di temi che sono alla base delle letterature jazzistiche e delle tradizioni, ma che vengono meno facilmente inseriti nel repertorio comune o si ritrovano più spesso in tributi e omaggi ai singoli musicisti. Se viene ripreso un evergreen come Caravan, D’Andrea, Ottolini e D’Agaro affrontano Turkish Mambo di Lennie Tristano e Naima di John Coltrane, Monk’s Mood e Locomotive di Thelonious Monk. Senza dimenticare New Orleans e le sue marce rituali, senza dimenticare la Swing Era. Un modo per rimettere in discussione i fili e i legami con cui si è evoluta la storia del jazz, dalle origini fino ai nostri giorni, dalle forme più codificate alle espressioni più libere. E la presenza di due musicisti come Ottolini e D’Agaro in questo senso si pone come valore aggiunto all’idea originaria del pianista: musicisti con uno spettro ampio di collaborazioni, capaci di avventurarsi in contesti musicali estremamente diversi tra loro e capaci, al tempo stesso, di utilizzare il jazz – e le sue tante e differenti tradizioni – come baricentro e riferimento.
La musica del trio riesce a convogliare in musica l’energia potenziale delle intenzioni dei tre protagonisti. Durante tutto il concerto, le idee si trasformano con naturalezza in espressione pulsante. La pratica delle cellule sonore brevi e modulari, già applicata per il quartetto, trova una applicazione peculiare in questo trio per la varietà di stimoli presi in esame e per l’agilità della formazione. Alle qualità dei singoli si aggiunge, poi, la variabile dell’incontro tra personalità diverse, unite da una curiosità onnivora per ciascuna singola stagione del jazz e la capacità di entrare e uscire dagli schemi espressivi imposti dalle consuetudini.
La chiave, perciò, è nel titolo e nelle sue possibili declinazioni. Passato e presente si confrontano nella musica di D’Andrea, D’Agaro e Ottolini: la ricerca di una sintesi – possibile e plausibile – alle composizioni e alle pratiche espressive sviluppate nel secolo scorso diventa attuale nel momento in cui viene fatta secondo livelli differenti ma – allo stesso tempo e per forza di cose – compatibili tra loro. Un lavoro dove si combinano, con cura certosina e con attenzione critica, arrangiamenti pensati a tavolino ed estro del momento, improvvisazione, linguaggi e conoscenze acquisite con l’esperienza: un lavoro capace di restituire sempre significato e lirismo ai materiali utilizzati e gestito con maturità e consapevole leggerezza.
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