Foto: la copertina del disco
Booker Ervin, Exultation! – analisi di un disco
Exultation! si apre con un lungo original, Mooche Mooche dal frizzante imprinting postbop, a cui fa seguito il romanticismo di Black And Blue, celebre hit di Fats Waller, per tornare al secondo original – Tune In – come il primo firmato dal leader un po’ in stile Jazz Messengers. Nel vinile la facciata B presenta Just In Time altro classico tratto da un musical di Broadway a firma Comdem-Green-Styne, divenuto anch’esso un vivace hard bop; il meditabondo No Land’s Man (scritto dal batterista del gruppo) ha invece intenzioni politiche, volendo evocare il problema razziale; il conclusivo Mour ancora di Booker Ervin è infine la parafrasi del tema The Most Beautiful Girl In The World di Miles Davis.
Perché parlare di Exultation! – un’opera di solito che non viene annoverata tra i jazz album fondamentali?
I motivi sono parecchi a cominciare dalla casa distributrice Egea di Saluzzo, specializzatasi nelle etichette straniere di jazz, folk, blues, ethno, soul, che distribuisce in questi giorni un triplo CD – edito dalla Phono – a nome Booker Ervin & Horace Parlan dal titolo Complete 4tet/5tet/6tet Recordings che comprende l’intera collaborazione tra i due grandi solisti dei primi Sixties, ad eccezione della comune esperienza all’interno del Jazz Workshop del leggendario Charles Mingus, il quale, discograficamente parlando, si avvale dei due in un paio di album storici quali Mingus Ah Um e Blues And Roots (entrambi 1959), mentre il solo Ervin è protagonista dell’intero Mingus Mingus Mingus Mingus Mingus, essendo utilizzato nei precedenti unicamente nei brani Goodbye Pork Pie Hat e Wedensday Night Prayer Meeting (non a caso i migliori).
È un destino antipodico quello che accomuna Ervin e Parlan: registrano assieme soli cinque long playing che nell’ordine sono Cookin’ di Booker Ervin in quintetto (1960), That’s It ancora di Booker Ervin ma in quartetto (Candid, 1961), Up And Down di Horace Parlan in quintetto (Blue Note, 1961), Happy Frame Of Mind di Horace Parlan in sestetto (Blue Note, 1963) e appunto Exultation! di nuovo di Booker Ervin in quintetto (Prestige, 1963). Sono pochi i musicisti che partecipano a più di un album: tre per George Tucker (contrabbasso), due a testa per Butcher Warren (contrabbasso), Al Harewood (batteria), Grant Green (chitarra), mentre per Richard Williams e Johnny Coles (trombe), Frank Strozier (sax alto) e Dannie Richmond, Billy Higgins, Walter Perkins (batterie) si tratta di un unica occasione (salvo compresenza in dischi altrui onore jam session). È un destino antipodico, quindi: da un lato Ervin nato a Denison (Texas) nel 1930 muore a New York nel 1970 per una malattia ai reni, dall’altro Parlan da Pittsburgh (Pennsylvania), classe 1931, è tuttora attivissimo, nonostante la mano destra quasi immobile per la poliomielite. Sarebbe, Ervin, diventato un colosso del sax tenore come John Coltrane, Sonny Rollins, Dexter Gordon? Probabilmente sì, anche solo ad ascoltare questi cinque lavori, in particolare l’ultimo selezionato, in ordine di tempo, perché Exultation! risulta un disco maturo che offre persino una visione esemplare del contesto socioartistico del jazz contemporaneo nei primi anni Sessanta: non è solo la collaborazione e l’intesa tra Ervin e Parlan a trovare conferma e a raggiungere esiti ottimali pur con partner nuovi per tutti da Strozier per la front line a Warren e Perkins per la rhythm section. È soprattutto la voglia di sperimentare dei due (e del leader in particolare, non senza trascurare il dinamismo degli altri tre) che porta a risultati espressivi notevolissimi in linea con le principali tendenze moderne sia dell’epoca sia nella dialettica tra passato/presente.
Insomma, in altre parole, Exultation! sembra il disco giusto al momento giusto che suona molto attuale, genuino, completo pur mantenendo di proposito le distanze musicali sia dai fenomeni modaioli sia dagli atteggiamenti estremi: si tratta dunque di un album che non è free, pur spingendosi avanti con lunghe improvvisazioni soliste, che vengono a loro volta elaborate nel solco della cultura hard bop, mantenendo alto il vessillo dell’identità afroamericana. In tal senso si nota molto blues feeling nell’album, dove il blues, come pure il r’n’b, il gospel, il soul vengono traslati in un jazz robusto, sanguigno, corposo che predilige ovviamente i tempi forti e veloci, senza per questo escludere la maschia sensualità di alcune tenere ballate. Anche la voce sassofonista di Booker appare sempre molto originale nel solco boppistico senza però ricordare nessuno, tantomeno i suoi coevi ricercatori come Rollins o Coltrane, proprio grazie a un maggior imprinting bluesistico che in Exultation! trova certo la forma ideale.
Cfr: Booker Ervin, Exultation! (Prestige, 1963).