Abeat Records – ABJZ150 – 2016
Franco Cerri: chitarra
Stefano Bagnoli: batteria
Riccardo Fioravanti: contrabbasso
Dado Moroni: pianoforte
Franco Cerri è stato per un lungo periodo una sorta di emblema del jazz italiano, il personaggio più famoso fra quelli che si dedicavano ad una musica non certo contraddistinata da grandi riscontri popolari. Le sue apparizioni televisive negli show del sabato sera negli anni sessanta, accanto a nomi importanti dello spettacolo “legggero”, le sue trasmissioni dal tono divulgativo, lo hanno reso noto al pubblico di una tv generalista, non abituato certamente ad apprezzare le blue notes, o le improvvisazioni su questo o quel motivo. In una carriera lunga settant’anni, fino ad oggi almeno, il chitarrista milanese ha incrociato la sua strada con autentici mostri sacri come Chet Baker, Django Reinhardt o Billy Holiday, tanto per citare alcuni grossi nomi fra i tanti altri. Per buon peso, lui autodidatta ha impiegato parecchie energie nell’insegnamento, accanto all’altro nume tutelare del jazz lombardo, Enrico Intra. A “novant’anni suonati”, come si legge sulla cover del suo ultimo cd, Cerri licenzia ora questa sua ultima fatica, un album che di celebrativo ha, per l’appunto solo il sottotitolo. Sì, perché, qui siamo distanti dalle atmosfere edulcorate e routiniere del semplice tributo. Si vuole significare, in buona sostanza, che i quattro barbieri, per scherzo o per diletto, fanno pelo e contropelo alla musica, realizzando un disco dove il gusto, il piacere di suonare insieme si coniuga con l’intenzione terribilmente seria di eseguire al meglio, ancora una volta, standards o originals, già voltati e rivoltati in passato, ma da cui si possono ricavare reinterpretazioni in qualche modo nuove, con qualche elemento addirittura inedito. Così, lavorando in souplesse, con un tono rilassato e, però, vigile, in certi casi viene cambiato il tempo dei brani in repertorio, altre volte è il ritmo ad essere modificato. Tutto per non ripetere precedenti versioni già documentate.
Il trio di amici fidati architetta un fondale pregnante e di gran lusso, dove può imporsi il fraseggio scarno e secco del maestro delle sei corde, mai come in questo caso impegnato a riportare solo le “note che contano”, come scrive Dado Moroni all’interno della copertina del cd, ovverosia “le note necessarie”, come sosterrebbe Enrico Rava, dal titolo del suo ultimo docu-film. Si va avanti per più di sessanta minuti con la precisa sensazione di stare ascoltando uno dei migliori dischi del chitarrista fra quelli incisi negli ultimi anni.
Franco Cerri, in fin dei conti, dimostra che non ha ancora nessuna intenzione di passare la mano, ma anzi si diverte moltissimo a stare insieme a musicisti così preparati e complici, per proporre il jazz che più lo soddisfa. Vogliamo scommettere che lo rivedremo, insieme al suo quartetto, un’altra volta in questo fantasioso e fantomatico “Barber shop”?…