Caligola Records – Caligola 2214 – 2016
Gabriele Mitelli: pocket trumpet, tromba preparata, flicorno soprano, flicorno alto, xilofono, percussioni, voce
Pasquale Mirra: vibrafono, pianoforte, xilofono, percussioni, voce
Tromba e vibrafono. E poi oggetti, voci, percussioni, echi sonori. La “tensione dell’acqua” riflette un mondo sospeso dove le linee tracciate da Gabriele Mitelli si adagiano nell’alveo che scaturisce dalle suggestioni evocate da Pasquale Mirra per dare vita ad una suite che comprende brani tradizionali (Namhanje, ripresa anche da Abdullah Ibrahim e Johnny Dyani) e temi di Paul Motian (The owl of Cranston, brano di apertura del disco), Charles Mingus (Orange was the color of her dress, then blue silk) e Carla Bley (Jesus Maria, l’ultima traccia del lavoro) ma che si sviluppa in realtà intorno al dialogo tra i due musicisti.
Ed è proprio il dialogo il principio ispiratore che conduce lo svolgimento del disco e dispone con efficacia tutti gli elementi coinvolti dai due protagonisti. Ogni intervento dell’uno trova una risposta immediata dell’altro, sia quando le atmosfere suggeriscono richiami a una dimensione meditativa, sia quando si vira verso le radici più ancestrali e profonde, sia quando si affrontano momenti più liberi e informali. Water stress viene proposto su disco dopo aver vissuto un percorso di concerti utili per consolidare e connettere i presupposti espressivi del dialogo: confidenza e conoscenza reciproca, ma anche convinzione nella musica interpretata e, se si vuole, senso di appartenenza ad essa. Mirra e Mitelli hanno voluto sottolineare la centralità di Namhanje, in molti modi: nella lista dei brani, hanno rimarcato la presenza del brano in Echoes from Africa, disco realizzato da Abdullah Ibrahim e Johnny Dyani, e, nell’esecuzione dello stesso tema, con l’accompagnamento del pianoforte.
La connessione tra elemento percussivo e melodico rimane al centro del lavoro prodotto dai due musicisti e si pone filo logico dell’intero racconto: una ricerca che passa per le frasi serrate e suonate all’unisono in Vale la pena e nella dimensione evocativa e tutta percussiva dell’apertura di Old Man, una tensione che spinge i due musicisti ad una costante necessità di condivisione e di partecipazione comune che attraversa ogni momento del disco, una costruzione stratificata dove le voci (sempre in Old Man, ad esempio) rappresentano una delle tessere del mosaico, non sovrastano gli altri strumenti ma si “nascondono” all’interno del risultato complessivo.
Mirra e Mitelli muovono i loro passi fuori dalle convenzioni, operano spesso per sottrazione, si concentrano soprattutto sui risvolti lirici e suggestivi presenti nelle nove tracce. Water Stress diventa così un disco molto unitario proprio per l’attenzione rivolta alle conseguenze di ogni gesto musicale, alle connessioni sottintese con altri mondi sonori, agli echi lasciati nella mente e nell’orecchio dell’ascoltatore. E non è un caso se il disco si conclude con una sospensione, un invito, a tutti gli effetti, a considerare il silenzio immediatamente successivo ancora un momento da incorporare nella musica appena ascoltata.
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