Musical Stories, il nuovo disco di Lello Petrarca

Foto: la copertina del disco










Musical Stories, il nuovo disco di Lello Petrarca


Lello Petrarca, pianista, arrangiatore e compositore, ha pubblicato per la Dodicilune il suo nuovo disco intitolato Musical Stories. È un lavoro in trio, completamente acustico, che rispecchia appieno la personalità e cultura musicale del pianista casertano. Lo abbiamo intervistato chiedendogli di parlarci di sé e di questo suo ultimo lavoro.



Jazz Convention: Lello Petrarca, come hai cominciato, perché hai deciso di suonare il pianoforte, quali sono state le tue “folgorazioni”?


Lello Petrarca: Ho iniziato la mia avventura musicale all’età di tre anni e mezzo circa suonando come primo strumento la tromba, in quanto mio nonno era trombettista ed è stato bravissimo a trasmettermi la passione per la musica facendomela vivere assolutamente come un gioco. Insieme a lui cominciavo ad emettere i primi suoni, prima ad orecchio e poi imparando a leggere lo spartito. Riproducevo le melodie che lui suonava ai concerti, imparando velocemente brani tratti dai vari repertori musicali. All’età di sei anni, per gioco, mi avvicinai al pianoforte scoprendo l’affascinante mondo dell’armonia e da subito riproducevo le melodie dei brani che avevo imparato a suonare con la tromba. Pian piano la cosa cominciò a farsi sempre più seria, perchè ormai la passione era scattata. Subito capii che il pianoforte era lo strumento conduttore con il quale sarebbe stato possibile riprodurre un’orchestra intera. Da lì i primi studi accademici di pianoforte e l’avvicinamento alla classica che poi si sarebbe rivelata molto importante per me nell’accostami alla musica jazz ed all’improvvisazione. In quel periodo mi avvicinai anche alla chitarra, riproducendo le armonie che eseguivo al pianoforte, con particolare attenzione allo stile della bossanova, essendo rimasto folgorato in primis dall’ascolto di un disco di musiche di Jobim. Poi tantissime altre folgorazioni dettate dall’ascolto di dischi di genere vario e di tanti bravi strumentisti che si sono rivelate sempre più stimolanti a capire in tenerissima età tutto quello che accadeva, musicalmente parlando. Da tutto ciò è arravata anche la passione per l’arrangiamento.



JC: La tua carriera è ricca di collaborazioni che vanno dal jazz alla classica alla musica leggera. Cosa ti hanno dato queste esperienze?


LP: Le varie esperienze musicali, stilisticamente parlando, hanno notevolmente contribuito alla formazione ed all’arricchimento di una musicalità probabilmente già innata. Secondo me, per fare musica è necessario avere una predisposizione (di sicuro in generale per l’arte) ed un talento da coltivare attraverso lo studio, in primis, e poi mediante le varie esperienze che poi ti porteranno a capire qual’è la tua strada. La conoscenza della musica classica è stata molto importante per me, perchè mi ha dato la possibilità di sviluppare una sensibilità musicale che ho saputo utilizzare anche nella musica leggera e nel jazz, con particolare attenzione alle dinamiche e al suono sul quale ho da sempre lavorato al fine di avere un mio personalissimo playing. Quando si ha la fortuna di accostare la conoscenza alla musicalità tutto diventa più interessante per il musicista e per il suo pubblico.



JC: Musical Stories come si colloca nella tua discografia?


LP: Musical Stories è il secondo disco a nome mio, anche se la mia discografia in qualità di sideman è molto lunga (dal 1999 ad oggi), ed è il primissimo disco realizzato in trio con questo mio nuovo progetto. Nel 2012 pubblicai un disco versatile che passava dal pop al jazz ed alla fusion in cui suonai tutti gli strumenti, ed aveva un sapore elettrico. Musical Stories è invece un disco totalmente acustico.



JC: Il disco è realizzato in trio con Vincenzo Faraldo al contrabbasso e Aldo Fucile alla batteria. Parlaci dei tuoi due partner e del vostro rapporto professionale.


LP: Il mio rapporto con Vincenzo Faraldo ed Aldo Fucile comincia diversi anni fa, suonando in contesti musicali vari. Sono due musicisti della mia stessa posizione geografica, dunque prima o poi dovevamo incontrarci. La scelta di loro due per il mio progetto è stata dettata dal fatto che sono due musicisti straordinari, in quanto hanno delle caratteristiche che non facilmente si incontrano nei musicisti: ad esempio la magia dell’interplay, sul quale si basa questo progetto, il feeling che ho da subito avuto con loro, e poi il loro personale suono e modo di vivere l’improvvisazione che da sempre ho ritenuto interessante. Poi stiamo bene insieme e per me questo è un aspetto molto importante al fine del buon esito di un progetto.



JC: Musical Stories, contiene nove racconti originali sotto forma di brani. Come nasce questo progetto?


LP: Musical Stories nasce dall’idea di un mio personale tributo al pianismo mondiale, idea ispirata dalla mia stessa esperienza di vita musicale vissuta. Il titolo “storie musicali” vuole lasciar intendere proprio questo, cioè il racconto delle mie esperienze musicali fatte nei vari mondi musicali appunto, il tutto mantenendo una “tradizionalità” nell’uso degli strumenti (piano, contrabbasso, batteria); dunque il trio per eccellenza storica, toccando momenti, ad esempio nel jazz, tradizionali che si alternano a momenti di improvvisazione più contemporaneo/sperimentale, per poi sfociare nel pop, nel blues e nella classica rivisitata con una sonorità assolutamente acustica e basata sull’interplay.



JC: La musica suonata nel disco rispecchia le tue influenze, dal jazz al pop alla classica al blues alla musica folk, che qui si fondono assieme in un’unica narrazione avendo come assunto principale la melodia…


LP: Nel mio disco, pur passando da un genere ad un altro ho voluto fortemente mettere in primo piano l’aspetto melodico e la sua liricità. Sono sempre stato un musicista che ha ritenuto molto importante il groove, non solo ritmicamente parlando ma anche nell’esposizione di un tema, di un’improvvisazione melodica. Avere groove, a mio avviso significa, essere in grado di garantire una chiara esposizione melodica e di un’improvvisazione spesso basata sull’aspetto tecnico. La melodia è molto importante anche nell’improvvisazione. Contribuisce a mio avviso a rendere più scorrevole l’ascolto di un disco e quindi composizioni che musicalmente possono essere più elaborate e di conseguenza meno scontate.



JC: Ci sono anche alcuni richiami come Chopin in jazz. È una reminiscenza di studi classici o un tentativo di attualizzarne la melodicità in chiave jazz?


LP: Il richiamo a Chopin e di conseguenza alla classica, vuole avere un forte messaggio culturale, al fine di far riascoltare brani del passato tratti dal mondo della classica risultati a volte noiosi nello studio accademico, e che ho cercato di rendere in un modo scorrevole non modificandone la melodia ma sperimentando armonicamente parlando. Il brano in questione è la romantica di Chopin, una rivisitazione del notturno n.2 dell’opera 9. Ho sempre pensato che Chopin fosse un compositore molto pop nel modo di pensare le melodie che appunto si prestano a essere armonizzate con un linguaggio molto, secondo me, vicino al nostro modo di intendere la musica leggera.



JC: E poi ci sono Martucci e i Beatles…


LP: La suite di Martucci è un vero e proprio viaggio cronologico che parte dalla fine dell’ottocento con una rivisitazione di un noto preludio di Debussy intitolato “La fanciulla dai capelli di lino”. Essa passa per una composizione rivisitata sempre in chiave jazzistica di Giuseppe Martucci, compositore capuano contemporaneo di Debussy, ed arriva alla nota “And I Love Her” dei mitici Beatles con un arrangiamento un po’ più pop-jazz. La scelta dei due compositori contemporanei (Debussy, Martucci) è stata ben precisa, in quanto ho sempre ritenuto che fossero due musicisti che in un certo senso hanno anticipato il concetto di improvvisazione moderna e sperimentale, concetto che ho voluto fortemente in questo mio lavoro, un modo di improvvisare che rompe le righe, le regole della tradizione, proprio come loro hanno fatto nella composizione classica. Avendo dato un sapore molto pop a questo brano sperimentale, ho ritenuto giusto concluderlo con una intramontabile melodia dei Beatles.



JC: Cosa ti aspetti da questo disco e se i tuoi progetti futuri saranno costruiti sulle basi di Musical Stories…


LP: Spero che continui a darmi soddisfazioni come già sta accadendo. Di sicuro è un mio progetto in trio ufficializzato al quale tengo molto e con il quale intendo continuare a lavorare sperimentando tanti altri mondi musicali ma con questo suono.



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