Dodicilune Dischi – Ed357 – 2016
Adriano Clemente: composizione, arrangiamenti, pianoforte (in For my father)
Akashmani Ensemble (in tutti i brani tranne For my father):
Francesco Lento: tromba
Mario Corvini: trombone
Daniele Tittarelli: sax alto
Marco Guidolotti: sax baritono, clarinetto, clarino basso
Riccardo Fassi: pianoforte
Dario Rosciglione: contrabbasso (tranne Circus)
Raffaele Toninelli: contrabbasso ad arco (in Inner Fires, Circus)
Andrea Nunzi: batteria
con
Roberto Ottaviano: sax soprano (in For my father)
Lavoro intuibilmente a progetto, la sequenza del pianista-compositore si dichiara improntata allo spirito del ritratto, probabilmente più “sul” che “del” personaggio del grandissimo contrabbassista e band-leader, la cui sulfurea creatività e, non meno, le pesanti caratterialità sono materia che non ha difettato in termini di tributi e materiali dedicatari.
Affidando la sequenza in undici passaggi all’affiatato Akashmani Ensemble, The Mingus Suite acquista subito un avvio definito, e provvisto di corpo descrittivo, nel rappresentare le atmosfere gravitanti intorno alle alterne fasi dell’esistenza e al retaggio di Charlie Mingus che, più che citato alla lettera, come s’ipotizzava, sembra piuttosto fingere da potente motore per l’immaginazione e le guise interpretative, dunque sovrapponendo alla dimensione del ritratto per vari versi anche quella del documentario sonoro.
Liberi da complessi imitativi (che certo andrebbero a scontrarsi con la titanica figura, in termini sia di personalità che di corrente musicale, dell’ispiratore) gli otto titolati strumentisti, certamente captando un’attenta mano registica, variamente s’impegnano e s’ingegnano, esponendo in prima linea le voci dei fiati, reclutate a turno ed in varia combinazione, abili a declinare con pertinenza anima strumentale e vedute atmosferiche. Appare piuttosto letterale, pur con ampi margini di libertà, la ricostruzione degli stili avvicendatisi nell’epoca esistenziale dell’ispiratore, alternando a spettrali climi gospel brillanti sortite bop, pur concedendosi figurazioni grottesche e destrutturate.
La sequenza per collettivo si conclude nell’animazione di Brown Bear’s Love Waltz (di equilibrato spirito mulliganiano), preludendo all’epilogo di For my father, notevole quanto meno per le tensioni espressive; unico episodio in cui il titolare s’investe in ruolo solistico, questi incontra un partner di speciale sensibilità nel solido Roberto Ottaviano, determinandosi una sensibile dualità nell’esporre la fervida trance di clima blues, priva di orpelli e d’efficace lirismo, spiritato e crudo.
Lavoro alieno da gratuità, Mingus Suite per una più politicizzata fruizione (ovvero con più letterale adesione alla turbolenta personalità di riferimento) avrebbe potuto incorporare un maggior carico di fisicità e violenza, insomma “giocare più sporco” in termini espressivi: piuttosto optando fra temperamento e temperanza si propende per un approccio più estetizzante e manieristico, che soddisferà certe fasce di fruitori almeno per la pertinenza linguistica e un certo impegno filologico. Graziato dall’ariosità d’impianto che favorisce la leggibilità del tutto, l’impianto generale regge con coerenza e convince per il senso del colore e la fattiva propensione alla ricostruzione d’epoca e d’ambienti.