Abeat Records – ABJZ148 – 2016
Carlos Buschini: contrabbasso
Gerardo Di Giusto: pianoforte
Tomohiro Yahiro: percussioni
Aska Kaneko: violino, voce
ospiti
Paolo Fresu: tromba
Solis String Quartet:
Vincenzo Di Donna: violino
Luigi De Maio: violino
Gerardo Morrone: viola
Antonio Di Francia: violoncello
Gaia Cuatro è un quartetto affiatato formato per metà da musicisti giapponesi e per l’altra metà da artisti argentini.Il gruppo pubblica adesso il suo quarto disco per la Abeat, giovandosi in alcuni brani della presenza di ospiti, come Paolo Fresu o il Solis String quartet.
La componente sudamericana, in un certo senso, prevale su quella asiatica. Il disco contiene, infatti, pochi elementi di genere orientale, mentre emana odori e fa gustare sapori della terra del fuoco o, comunque, del nuovo continente. Tanto per dire, il percussionista nipponico Yahiro è autore di un blues particolare, ma sempre un blues, come Chicooos e la violinista Kaneko firma Kaze, una milonga. Insomma i giapponesi decidono di giocare in trasferta… Da parte sua, “El Tero” Buschini, bassista residente in Italia, va giù duro con la tradizione andina per mezzo di una Zamba del nunca mas, un vero tributo alla sua area d’origine. Gli altri pezzi appartengono a Gerardo Di Giusto o ancora agli altri “Gaia”, a dimostrazione di un lavoro prodotto con un contributo paritario da parte di tutti.
La musica dell’album è amabile, leggera, con un background etnico arrotondato da cadenze pop, tali da renderla gradevole e di pronta presa. Il motivo viene solitamente espresso dal violino, mentre gli altri strumenti decorano il tema, fra delicate variazioni e sortite solistiche sempre piuttosto coerenti, lineari, per non distogliere l’attenzione dalla melodia.
Si susseguono, nei vari brani, le frasi introdotte da una voce e poi ripetute dai partners in una progressione dinamica graduale, interrotta da siparietti brevi, ma intensi, riservati a questo o quel solista. Dappertutto si respira un’aria di danza festante e contagiosa. I Gaia Cuatro si prestano ad essere ballati, cioè, pur illustrando una proposta abbastanza elegante e raffinata.
Fra i nove pezzi spicca Wanako, eseguita nella lingua madre dalla Kaneko, con un canto modulato su diversi registri espressivi, suadente e sinuoso. La tromba di Paolo Fresu impreziosisce, poi, la ballad con un intervento pieno e pastoso.
Kaze, in conclusione è un album di world music, volendo etichettarlo, ben suonato e di facile ascolto, ma non per questo superficiale o sciatto.