Cinzia Tedesco – Verdi’s Mood

Cinzia Tedesco - Verdi's Mood

Sony Classical – 88875182932 – 2016





Cinzia Tedesco: voce

Stefano Sabatini: pianoforte, arrangiamenti

Giovanna Famulari: violoncello

Luca Pirozzi: contrabasso

Pietro Iodice: batteria






«Da Giuseppe Verdi al Jazz» recita il sottotitolo di Verdi’s Mood, l’operazione condotta da Cinzia Tedesco sul repertorio del compositore di Busseto. Nove arie tratte da opere celeberrime come Rigoletto, Il Trovatore, La Traviata, Nabucco, Aida, I Vespri Siciliani e Otello rivestite dagli arrangiamenti di Stefano Sabatini e affidate ad una formazione atipica per essere traghettate verso una dimensione jazzistica.


Il solido piano trio costituito da Stefano Sabatini al pianoforte, Luca Pirozzi al contrabbasso e Pietro Iodice alla batteria e il violoncello di Giovanna Famulari sono il supporto per la cantante nel condurre i brani attraverso questo viaggio nel tempo e nei ritmi. Gli arrangiamenti di Stefano Sabatini hanno il pregio di riuscire a mantenere la dimensione orchestrale degli originali anche nel formato ridotto del piccolo combo: sfruttano la compattezza del trio e la classicità del violoncello, entrano nelle pieghe delle costruzioni verdiane per inserire i necessari cambiamenti senza stravolgere il senso dell’originale. Se infatti viene rispettato il senso melodico, il “racconto” delle arie viene declinato secondo le tante manifestazioni di un moderno e consistente jazz mainstream. In pratica, per dirla in una, il senso del lavoro è proprio nel passaggio dei temi dalla veste con cui siamo abituati ad ascoltarli a quella voluta con determinazione da Cinzia Tedesco. Poter utilizzare un materiale estremamente conosciuto, importante per la sua storia e per i suoi riflessi sulla cultura nazionale, trasformarlo o “tradurlo” in una versione del tutto differente comporta vere e proprie stilistiche. Il rischio di un “mimetismo interpretativo” è sempre dietro l’angolo, la possibilità di rimanere al di qua del guado o di spingersi repentinamente troppo avanti sono possibilità altrettanto presenti. Come spiega la stessa cantante nell’intervista registrata nella scorsa primavera, il processo cui viene sottoposto il materiale di partenza è stato concepito per modulare in modo puntuale ogni singolo intervento, giocando sulla coerenza complessiva offerta tanto dalla scrittura verdiana quanto dalle intenzioni della leader e dall’applicazione del quintetto.


E, quindi, l’impostazione del canto tiene presente da dove vengono le arie e, allo stesso tempo, dove sarà il punto di approdo. Se restano visibili in alcuni passaggi i riflessi del belcanto, si affiancano agli scattanti passi latineggianti dell’introduzione di Amami Alfredo o l’impulso swing presente nella versione di Celeste Aida o, ancora le atmosfere da American Songbook con cui viene interpretata l’Ave Maria dell’Otello. Un lavoro certosino, compiuto con attenta dedizione e rivolto con cura ai tanti fattori che naturalmente convengono in un progetto simile. Basti penare al fatto che in molti dei casi scelti si tratta di arie affidate, nell’originale, a voci maschili o al coro come nel caso del Va Pensiero oppure alla necessità di estrapolare il tema dal suo contesto narrativo. Il senso della trasformazione – Cinzia Tedesco già aveva sperimentato una prova simile in Like a Bob Dylan – viene affrontato con maturità e con un fortissimo senso di squadra da parte del quintetto. E va anche considerata la doppia valenza dell’enorme “notorietà” dei singoli brani, il fatto cioè che nella mente di chi esegue e di chi ascolta il disco sia ben presente la versione originale, con tutti i pro e i contro che questo comporta.


Il lavoro compiuto da Stefano Sabatini riesce a utilizzare la complessità del compito come un’arma espressiva, la rende una ricchezza a disposizione del quintetto e non una complicazione da superare ad ogni passaggio. Verdi’s Mood è un’operazione condotta con pazienza ed equilibrio dal quintetto. Il senso della trasposizione e la possibilità di usare in modo diverso materiali ben conosciuti da vita ad un disco sfaccettato ma molto compatto: la breve durata, complessiva e dei singoli brani, porta ad una stretta connessione tra tutti i vari momenti del disco, anche quelli tendenzialmente più lontani tra loro, con una disposizione e una gestione del materiale vicina a quella utilizzata un tempo per i trentatre giri.


Il risultato è un disco capace di esplorare atmosfere musicali diverse ma di tenerle insieme grazie alla visione generale e ad una direzione artistica sempre salda, esperta nel riuscire a non farsi trascinare dagli aspetti più immediati e volatili del repertorio scelto.



Segui Fabio Ciminiera su Twitter: @fabiociminiera