Donatello D’Attoma – Shemà

Donatello D'Attoma - Shemà

AlfaMusic – 2016





Donatello D’Attoma: pianoforte

Daniela Spalletta: voce

Stefano Quarta: live electronics






Donatello D’Attoma sceglie una strada molto particolare per il suo nuovo lavoro, Shemà. Formalmente è un piano solo, ma D’Attoma non è da solo nelle dieci tracce del lavoro, viste le presenze di Daniela Spalletta alla voce in Weird Nightmare, Goodbye Pork Pie Hat, Open Heart (composta dalla stessa cantante) e nella conclusiva Via Turner, 27 dove si aggiungono gli interventi elettronici di Stefano Quarta. Il lavoro segue il libro realizzato dal pianista su Mingus ma il pianista presenta solo cinque temi del grande contrabbassista – Freedom, Weird Nightmare, Goodbye Pork Pie Hat, Portrait, Farewell, Farewell – e lascia poi fluire il pianoforte verso lidi differenti, dove il riferimento e l’ispirazione al mondo mingusiano sono presenti senza essere totalizzanti. E, ancora, lo sguardo rivolto al mondo classico, vale a dire, tradotto in termini pratici, il modo di utilizzare la combinazione di scrittura e improvvisazione o di gestire le frasi, nella scelta di alcuni titoli – Scherzo, Ouverture – o nella declinazione del suono del pianoforte.


Il dialogo con una figura tanto importante e sfaccettata passa attraverso una molteplicità di fattori. Nonostante il solo, la dimensione così intima e raccolta, ampliata solamente dalla voce, D’Attoma si avvicina al mondo mingusiano attraverso una riflessione e un ragionamento che tengono conto del percorso e della personalità del contrabbassista e si appropriano della profondità di analisi sviluppata nel corso degli anni per realizzare il libro di cui si diceva sopra. Aspetti diversi entrano perciò in modo naturale nel discorso musicale proposto in Shemà, ancor prima della composizione e dell’esecuzione dei brani: si capisce come le suggestioni provenienti da Mingus, dalla sua scrittura e dall’imponenza del personaggio, siano state metabolizzate nel tempo e riemergano di volta in volta a rispondere alle necessità del discorso e al senso complessivo del lavoro.


D’Attoma si ritaglia spazi per esprimere la propria personalità e, se si vuole, per sfidare le sue certezze e i suoi stilemi. Il contesto del piano solo è differente – in modo naturale, in modo quasi automatico – dalle precedenti prove e dalle formazioni con cui si misura. I suoni elettrici di Organik 3 o la dimensione del quartetto con la chitarra sono lontane. Saffronia – l’omaggio a Nina Simone co-condotto con la cantante Cinzia Eramo – il progetto che forse può avvicinarsi maggiormente al concept di Shemà. D’Attoma sceglie nel disco soluzioni sempre molto misurate, il contenuto offre gli spunti per la forma, l’attitudine cameristica prevale nell’andamento dato al disco. E riesce a trovare un equilibrio anche ai funambolismi vocali e all’interpretazione del testo di Daniela Spalletta, esplosiva nel vocalese di Good Bye Pork Pie Hat, sicura nell’affrontare tutti i vari terreni. L’energia e l’intensità degli interventi della cantante non vanno in contraddizione con il passo più pacato del pianista, ma come tutti i “contrasti” arricchiscono il risultato finale: D’Attoma espone e Spalletta rilancia, se il primo risponde con salda convinzione alle escursioni della seconda, la cantante trova sempre il modo di riprendere le idee e il disegno generale del pianista per svolgere i temi in modo coerente.


«È un Mingus allo specchio, è un Mingus che seduto al pianoforte interpreta alcune delle pagine musicali più profonde della sua infinita produzione» Queste le parole con cui D’Attoma presenta il disco. Shemà punta ad avere la dimensione intima e profonda di una rilettura che contiene la filosofia e il carattere, il cinismo, l’irrequietezza e l’estrema generosità musicale del contrabbassista: come nell’immagine di copertina, vediamo trasparire il volto di Mingus all’interno dello specchio d’acqua del pianoforte, così, traccia dopo traccia, D’Attoma si ritrova a ripensare il materiale e le suggestioni di partenza per dare vita ad un progetto che non si schiaccia mai sull’originale ma, appunto, riflette sulle caratteristiche di un corpus musicale importante per esporre un punto di vista quanto più possibile personale ed autonomo.



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