Foto: Vincenzo Fugaldi
Narcao Blues, XXVI edizione
Narcao – 20/23.7.2016
Il festival della piccola cittadina vicino Carbonia è uno dei festival blues più antichi d’Italia, e si tiene in una zona collinare del Sulcis Iglesiente, circondata da boschi di grande bellezza, suggestivi siti minerari riconvertiti a finalità turistiche, a mezz’ora di distanza da località di mare incantevoli come Porto Pino e Sant’Antioco.
Narcao Blues 2016 si è articolato in quattro serate dense di proposte provenienti da Europa e Stati Uniti.
Dopo la prima formazione sul palco allestito con grande cura in Piazza Europa, quella denominata Mr. Owl & The Groovy Walkers, un gruppo composto da quattro giovani sardi e un milanese, che ha giocato in casa riscuotendo un buon riscontro di pubblico, è stata la volta del camerunense Roland Tchakounté, accompagnato da Mick Ravassati (chitarra), Antony Honnett (tastiere), Jérôme Cornelis (basso) e Karim Bouazza (batteria). Stabilitosi da tempo in Francia, Tchakounté ha una voce personale, suadente e terrosa, e buona padronanza del linguaggio del blues, come ha dimostrato nel lungo concerto nel quale ha avuto modo di porsi in evidenza la chitarra solista di Ravassati, mentre tutto il gruppo ha espresso una forte carica ritmica. Pochi i momenti del concerto dedicati alle melodie camerunensi, sostanzialmente un unico pregnante brano che ha aperto una finestra su un mondo espressivo ricco e comunicativo. Lunghi, generosi bis hanno chiuso al meglio la serata.
Il giovanissimo cantante e chitarrista britannico Laurence Jones, sul palco con il bassista Roger Innis e il batterista Philipp Wilson, è un nuovo talento del rock blues bianco, linguaggio che padroneggia totalmente nonostante i suoi ventiquattro anni. Una voce matura e duttile, uno stile chitarristico che ricorda maestri come Eric Clapton, due partner solidi ed efficienti, insieme a una buona capacità di tenere il palco hanno determinato la riuscita della sua performance.
Lucky Peterson (organo, tastiere, chitarra, voce), insieme a Shawn Kellerman, Timothy Waites e Raul Valdes ha infiammato il festival con una incredibile capacità di coinvolgere il pubblico, alternandosi fra i suoi strumenti e scendendo a suonare fra la gente. Voce splendida, potente, carica di feeling; assoluta padronanza delle tastiere, che suona sin da bambino; stile chitarristico memore della grande tradizione e un repertorio che omaggiava grandi pagine della black music ripercorrendone vari momenti stilistici (da una memorabile, intensa Don’t Explain a Stevie Wonder, sino al bis gospel Oh Happy Day).
Gli On The Road Quartet (Davide Speranza alla voce e all’armonica, Gianni Di Ruvo alla chitarra, Claudio De Palo al basso e Angelo Farolli alla batteria) hanno dato grande risalto alla funambolica armonica di Speranza e alla sua voce potente, protagonista assoluta di un blues elettrico con solide radici neworleansiane. Gli statunitensi Moreland & Arbuckle, rispettivamente chitarra e voce-armonica, insieme al batterista Kendall Newby, hanno proposto un rock blues sanguigno, caratterizzato dall’assenza del basso, le cui linee a tratti erano suonate dalla eclettica chitarra di Aaron Moreland. La voce e l’armonica di Dustin Arbuckle hanno retto bene l’intero concerto, spinte dall’incessante drive dei tamburi di Newby, nell’esecuzione dei brani del loro ultimo disco, intitolato Promised Land or Burst.
L’ultima serata, in un festival comunque affollato in tutte le date, era sold out, con parte del potenziale pubblico che non è riuscita a trovar posto. I presenti hanno potuto godere della musica di Luke Winslow King, statunitense residente a New Orleans, chitarrista e cantante, per la prima volta in Sardegna, accompagnato da un eccezionale Roberto Luti alla chitarra, da Lucio Villani al basso e Benji Bohannon alla batteria. Voce e presenza eleganti, un vero signore del blues, Winslow King e il suo quartetto hanno dato una impeccabile lezione di vari generi neworleansiani, con suoni puliti ma densi di feeling. Luti, livornese ma a lungo residente negli Stati Uniti e a New Orleans, è un chitarrista originale, ricco di inventiva, trascinante, semplicemente perfetto.
Il concerto di chiusura del festival era affidato alla Sweet Soul Music Revue, un grande organico comprensivo di ritmica (chitarra, tastiere, basso e batteria), una sezione di fiati (due sax e una tromba), due vocalist e 4 voci soliste, che ha guidato il pubblico in una spensierata riproposizione di alcune hit della soul music, da Marvin Gaye a James Brown, da Aretha Franklin a Otis Redding, condotta con professionalità e buon senso dello spettacolo.