EmArcy – 2016
Tommaso Starace: sax soprano, sax contralto
Michele Di Toro: pianoforte
Tommaso Starace e Michele Di Toro sono musicisti affiatati, che affrontano per la prima volta la prova del duo senza accompagnatori. Nella letteratura del jazz moderno esistono esempi e modelli probanti a nobilitare questo tipo di formazione, piano più sax. Due coppie su tutte, ma se ne potrebbero ricordare tante altre, Steve Lacy e Mal Waldron oppure Wayne Shorter e Herbie Hancock, protagonisti di dischi e concerti memorabili.
Il titolo del disco, From a distant past, chiarisce, in un certo senso, la filosofia che sta dietro alle scelte musicali. “Da un lontano passato”, non serve, però, ad indicare la ripresa di un repertorio di epoche trascorse. I pezzi sono tutti originali, infatti, tranne due, Children’s song di Chick Corea e Dexter’s tune di Randy Newman. Piuttosto ci si riferisce ad un approccio classico, senza essere classicistico, alla materia, colto e alla mano allo stesso tempo.
Nell’album si ascoltano tracce di blues, echi folklorici, richiami al tango argentino e alle atmosfere latine, impastati nella melodia mediterranea. C’è anche una ballad eseguita con tutti i crismi dai due giovani e preparati artisti. Il top dei nove brani è un bop muscolare, The Court Jester, dove il sassofonista straripa letteralmente con una cascata di note prese a notevole velocità, mentre il pianista si concede un intermezzo “stride” di sicuro effetto.
Starace possiede un suono limpido e brillante, privo di vibrato ed è in grado di salire sul registro acuto con il minimo sforzo. Di Toro è dotato di notevole sensibilità, riempie gli interstizi con un fraseggio aggraziato e facondo, a completare un quadro dipinto a quattro mani con pennellate morbide e colori solari. Colpisce, nel disco, la compenetrazione dei linguaggi fra i due partners, tanto che risulta quasi improprio parlare semplicemente di interplay. Si dovrebbe, diversamente, delineare il fatto che siamo di fronte a due personalità simpatetiche, in accordo ammirevole nelle concezioni estetiche. Qualcosa di più di un semplice interplay, come segno di compatibilità idiomatica, insomma.
From a distant past, a conti fatti, ci permette di apprezzare un duo di compositori-improvvisatori legati ad un jazz italiano, nel background, nella pronuncia, ma con un respiro extra-nazionale.