Sergio Armaroli Trio + Giancarlo Schiaffini – Micro and More exercises

Sergio Armaroli Trio + Giancarlo Schiaffini - Micro and More exercises

Dodicilune Dischi – Ed360 – 2016



Giancarlo Schiaffini: trombone

Sergio Armaroli: vibrafono, marimba, glockenspiel, ‘mbira, shakers, burma bells, gong, percussioni

Marcello Testa: contrabbasso

Nicola Stranieri: batteria






Di Sergio Armaroli contiamo una discografia già stratificata e coerente, le cui progressioni creative si palesano vettrici di una cultura e un’ambizione conoscitiva che nel presente caso si concretizzano in un ponderoso album, bipartito tra le speculazioni di un esponente della New York School e la creatività di un illustre confratello, così associando le proprie energie e visioni a quelle di uno storico portabandiera del free europeo, appunto quel Giancarlo Schiaffini il cui indiscusso carisma è stato da tempo sancito sul campo dell’action-playing.


Ricca edizione discografica questa in oggetto, le cui intense due ore musicali sono corredate da un ricercato e denso libretto (ideale appendice della “scrittura diffusa” del titolare, quantunque a firma del musicologo Alipio Carvalho Neto), di articolate premesse e con una panoramica di riferimenti piuttosto ampia e suggestiva, che invoca addirittura un Giuseppe Mazzini entro un parterre esteso da Leibniz a William Desmond, forti nomi del neo-free da Joe Morris a George Lewis, oltre all’ampia citazione di liriche di Emily Dickinson.


La versione in jazz (o «para-jazzistica, probabilmente non prevista dall’Autore») dei Micro Exercises di Christian Wolff si palesa da subito come un mobile patchwork di suggestioni in cui s’avvicendano estri sottili ed energie concentrate, che riccamente appagheranno le attenzioni di un auditorio anche non estimatore del canone; qualche maggior elemento d’astrattezza nell’andamento del secondo disco, sei More Exercises tutti a firma di Schiaffini, di più ampio respiro (e diremmo meno marcato rigore formale e maggior fattore sorpresa), in cui i quattro variamente imbastiscono liberi orditi ed imbandiscono visionarie trame, conducendo a compimento un’intelligente esplorazione formale che offre anche più lezioni di stile, segnata, oltre che dalla ruggente cantabilità del trombonista, dalle concentrate sculture aeree di Armaroli, entrambi contornati a pelle dal drumming solido e febbrile di Nicola Stranieri e dai volumi profondi di Marcello Testa.


Puntamento ulteriormente in alto per l’etichetta salentina, che qui conferisce ampio credito ad un progetto rigoroso, d’ampia base speculativa, diremmo scientifica, forte del valore aggiunto di un così significativo background che, non di meno, reinfonde auge alle grandi Avanguardie storiche (oltre ai grandi Newyorkesi, non sembri retorico, o orgoglio di parte, il tributo dovuto allo storico Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza).


Palese e indiscutibile l’investimento concettuale ed interpretativo del titolare, il cui eclettismo non appaia mera transumanza stilistica quanto strategia costruttiva, ascrivendovi anche implicazioni fortemente metafisiche, peraltro non velleitarie nelle sue considerazioni sulla matematica sia come materico motore che induttiva arte.


Parimenti, trova convincente realizzazione la “poetica” (ma anche la “politica”) dell’improvvisazione posta in essere dal trio guidato da Armaroli e dall’eccelso ospite e co-leader: l’ampiezza di respiro della vibrazione, dominante in questa concentrata performance, è probabilmente il primo elemento a far sì che la dominanti teoretiche del lavoro non siano ostative ad una profonda (e proficua) emozione d’ascolto, ove insomma il “peso” della scrittura funge anche da medium per la lettura (e l’ascolto) e in cui astrazione non osta fruibilità ed istinto.