La residenza artistica di Fabio Giachino a Copenaghen

Foto: Tosky Records










La residenza artistica di Fabio Giachino a Copenaghen



Fabio Giachino è stato selezionato dal MIDJ per una residenza artistica da svolgere a Copenaghen, realizzata in collaborazione con l’Ambasciata Italiana in Danimarca, l’Istituto italiano di Cultura di Copenaghen e con il contributo della rivista Jazzit. La giuria, formata da Rita Marcotulli, Rosario Bonaccorso e Michele Rabbia, ha scelto tra una sessantina di jazzisti, tutti al di sotto dei trent’anni. Lo abbiamo sentito al ritorno dall’esperienza danese.


Jazz Convention: Fabio sei appena tornato dalla Residenza Artistica organizzata dal MIDJ. Partiamo dalla selezione…


Fabio Giachino: Si, il MIDJ mi ha dato la possibilità di intraprendere un’esperienza di tre mesi, presso l’Ambasciata Italiana a Copenaghen, e sono felice di essere stato scelto per questa residenza. La selezione era rivolta agli under 30: ci sono state una sessantina di candidature. Bisognava inviare materiale biografico, audio, idee da sviluppare una volta sul luogo. Credo che, oltre alla preparazione musicale, nel mio caso abbia influito anche il fatto che non essendo ormai più un ragazzino – ho compiuto 30 anni ad agosto – avevo le idee abbastanza chiare su come muovermi e sulle cose da fare una volta arrivato.



JC: Quando si è svolta la residenza?


FG: Dal 15 giugno al 15 settembre…



JC: Quindi hai vissuto il periodo dei festival estivi in Danimarca?


FG: Ho vissuto in particolare il Copenaghen Jazz Festival o, almeno, una parte (centinaia di eventi quotidiani) che è terminato a metà luglio.



JC: Come si sono svolti i tre mesi di lavoro?


FG: Nel primo periodo, ho ascoltato il maggior numero possibile di concerti, incontrando e conoscendo quanti più musicisti. Ho cercato di rendermi conto della situazione generale musicale, di ascoltare le varie proposte. Inoltre, ho partecipato ad un sacco di jam session. Successivamente, ho organizzato numerose “sessioni di prova” presso l’Ambasciata con i vari musicisti che ho incontrato, finché non ho capito quelli con i quali mi trovavo meglio, oltre che sul piano musicale, anche a livello umano. Quando sono partito la Tosky Records e la Blue art Management mi avevano detto di essere interessati e disponibili a realizzare un lavoro discografico con musicisti danesi. Perciò, una volta individuate le persone, ho cominciato a fare una serie di prove per sistemare i brani che avevo scritto nei primi due mesi, in modo da essere pronti per la registrazione avvenuta il tredici e quattordici settembre.



JC: Oltre alle jam e alle prove, hai suonato dal vivo nei club?


FG: Concerti effettivi, a parte quello conclusivo in piano solo all’Istituto Italiano di Cultura non ne ho fatti. Purtroppo, la selezione è arrivata un po’ troppo tardi per provare a inserirsi nel festival di Copenaghen, il programma era già praticamente chiuso. Ho suonato come ospite di Paolo Russo, in alcuni suoi concerti, e come ospite di altri musicisti danesi in alcuni club. Purtroppo, nel periodo estivo – da metà luglio fino a fine agosto – quasi tutti i club sono chiusi, la maggior parte delle persone è in vacanza e anche l’attività musicale è molto ridotta.



JC: Tu hai nominato Paolo, che è stato il tuo tutor… Quale è stata la vostra interazione? Lo conoscevi prima di andare in Danimarca?


FG: Non lo conoscevo, se non di nome. Una volta saputo che ero stato selezionato, ho avuto modo di incontrarlo al Torino Jazz Festival di aprile, dove lui suonava in cartellone. Dopodiché, appena arrivato il 15 giugno a Copenaghen, l’ho nuovamente contattato. Mi ha aiutato molto, indicandomi la maggior parte delle cose… Come funzionano i mezzi nella città, i club principali, le varie correnti musicali della città, chi sono i musicisti principali, come funziona il Conservatorio. Inoltre mi ha messo direttamente in contatto con alcuni musicisti e mi ha dato molti feedback su alcune situazioni che ho avuto modo di frequentare. Inoltre è uno degli ospiti su alcuni brani del disco che ho registrato.



JC: Beh, Paolo è uno che ti sprona a fare il 110%…


FG: Si, concordo. Oltre ad essere un musicista colto e preparato a 360°, ha un profilo umano molto alto: ho imparato molto da lui



JC: Prima di affrontare la registrazione del disco e il concerto finale all’Istituto italiano di Cultura e le tue impressioni sulla trasferta, come è stato vivere in Ambasciata o comunque in un ambiente collegato all’Ambasciata?


FG: Non ti nego che il primo periodo è stato strano, non avevo mai frequentato una situazione simile, legato all’ambiente diplomatico. La residenza dell’Ambasciatore è un palazzo antico del Settecento, completamente ristrutturato, situato dietro Amalienborg, il Palazzo Reale, nel pieno centro di Copenaghen, a pochi metri dal canale principale sul mare… La residenza è su quattro piani, al quarto piano c’è un appartamento provvisto di servizi e cucina che avevo a disposizione. Insomma, una situazione veramente privilegiata.



JC: E la città? Come ti sei trovato a Copenaghen?


FG: La città è bellissima, un vero gioiellino. I mezzi funzionano benissimo e con la bicicletta si può andare ovunque vista la fitta rete di piste ciclabili. Inoltre, ci sono numerosi parchi insieme a diversi canali, la città è direttamente sul mare ed ha una vivibilità veramente notevole. Unico neo negativo, il clima… Ha piovuto quasi quotidianamente, vento continuo… Nonostante il periodo estivo, le giornate di sole sono state circa 3 settimane in tutto su tre mesi, ma in quelle 3 settimane si è andati pure in spiaggia e la città si davvero trasformata!



JC: Come hai lavorato per il disco e il concerto finale?


FG: Il disco è stato organizzato in trio con due ospiti su alcuni brani, Paolo Russo al bandoneon, e Benjamin Koppel al sassofono



JC: Con una ritmica danese?


FG: Si, tutti musicisti danesi a parte Paolo… Ho scelto Matthias Flemming Petri al contrabbasso, Espen Laub Von Lillienskjold alla batteria e poi gli ospiti, Paolo Russo e Benjamin Koppel.



JC: I brani registrati erano tue composizioni scritte a Copenaghen?


FG: Tutti brani miei scritti lì, insieme a due standard che ho rielaborato.



JC: Nel concerto finale, invece, cosa hai suonato?


FG: Il concerto all’Istituto è stato in piano solo: ho eseguito principalmente i brani presenti in Balancing Dreams, insieme ad alcuni standard. Poi ho invitato Paolo per un paio di brani e, insieme, abbiamo suonato alcuni nuovi brani inediti.



JC: Qual è stato il tuo bilancio di questa residenza?


FG: Positivo: ho instaurato nuovi contatti e numerose nuove collaborazioni. Ci tornerò il prima possibile!



Segui Fabio Ciminiera su Twitter: @fabiociminiera