Guide all’ascolto. Una riflessione

Foto: la locandina de Il piacere del vinile, le guide all’ascolto del Premio Internazionale Massimo Urbani










Guide all’ascolto. Una riflessione

Camerino, Spazio Harcome – 9/11.6.2016


Antefatto


Partiamo dall’antefatto. Qualche giorno prima del Premio Internazionale Massimo Urbani 2016, Daniele Massimi mi telefona per chiedermi se volessi condurre delle guide all’ascolto nei tre giorni del festival. Il presidente di Musicamdo, la realtà che organizza il Premio, mi dice che si è creata una sinergia con lo Spazio Harcome, il luogo dove poi si sono svolti gli incontri, e Angelucci Hi-Fi, il fornitore materiale degli impianti di alta fedeltà utilizzati per ascoltare i dischi. I tre trentatre giri scelti, rigorosamente in vinile visto il titolo dato alle guide all’ascolto, sono stati Birth of the cool di Miles Davis, A love supreme di John Coltrane e Hub-Tones di Freddie Hubbard.


I tre incontri hanno preso direzioni differenti, per svariati motivi. La brevità dei brani di Birth of the cool ha permesso una dimensione di stampo radiofonica. La costruzione di A love supreme ha messo al centro l’ascolto, interrotto solamente dal tempo necessario per girare il disco e mettere sul piatto il secondo lato, le parole sono servite ad introdurre gli elementi principali del lavoro di Coltrane e del suo quartetto. Il discorso su Freddie Hubbard è partito dal disco per raccontare la parabola vissuta dal trombettista come leader e sideman, in maniera più ampia e con ascolti a latere, sfruttando anche il dispositivo per bluetooth portato all’interno dello Spazio Harcome.



«Uff… adesso arriva uno che ci parla di musica…»


Grazie alla possibilità di utilizzare tanto gli impianti tradizionali che le tecnologie moderne, oggi la guida all’ascolto riesce a perdere quella patina di noia mortale che solitamente veniva associata ad eventi simili. L’unione delle due modalità – analogica e digitale – e dei relativi dispositivi diventa una chiave utile al racconto e alla spiegazione. Molte persone non hanno più dimestichezza con piatti, vinili e copertine e molti non li hanno davvero mai usati per un mero fatto anagrafico. La relativa facilità con cui si possono proporre video estremamente significativi per l’evoluzione stilistica dei vari personaggi presi in esame accresce ulteriormente lo spettro degli strumenti. La moderna viralità dei social offre, sia a chi parla che a chi ascolta, l’occasione per prolungare il discorso sul tema anche dopo l’incontro.


Per questi motivi diventa un punto con cui occorre che gli operatori – ciascuno per il proprio ruolo, ognuno secondo il livello delle competenze e dei meriti personali – inizino a fare i conti. Intendo l’ampio spettro degli operatori: musicisti, didatti, direttori artistici, critici, musicologi e via dicendo. Ormai, basta fare un giro sulle timeline dei social network per raccogliere lamentazioni di vario genere sulla musica: dall’assenza di risposta al concerto o al disco alla mancanza di rispetto, attenzione e curiosità da parte degli spettatori alla scarsa presenza di nuove proposte nei cartelloni dei festival… e potrei andare avanti per molte altre righe. Posizioni anche giustificate dai fatti, non voglio assolutamente negarlo: occorre però una risposta fattiva, la ricerca di soluzioni diverse e diversificate e, aggiungo, la necessità di offrire alle persone che, alla fine dei conti, saranno i destinatari di tutti gli sforzi prodotti le motivazioni che sono dietro le scelte fatte.



Dialogo con il pubblico


La guida all’ascolto, la conferenza multimediale, la presentazione pubblica del programma con un incontro che entra nel merito delle decisioni prese – artistiche e pratiche – sono occasioni che permettono un dialogo con il pubblico. Le dinamiche dei social network sono, a loro modo, democratiche, pubbliche, rivolte all’esterno, ma offrono anche come contraltare un dialogo con persone con cui già siamo in contatto, una sorta di replica della nostra realtà. Anche quando i contatti sono numerosi e, quindi, rappresentano il segno di un lavoro ben fatto sulla rete, hanno come aspetto controproducente la possibilità di svanire nella quantità enorme di informazioni che si riversano su ogni utente.


Cosa fare? Le lamentazioni evocate prima sono una realtà. Continuare a rilanciarle non risolve le questioni. Il punto è ridare forza alle motivazioni e al coinvolgimento con cui il pubblico arriva al nostro evento. Se chi assiste a uno spettacolo parla con il vicino disturbando gli altri spettatori, è più attratto da quello che accade sul suo smartphone che da quello che gli avviene intorno, non si cura di silenziare la suoneria del telefono, il compito degli operatori è molteplice: tanto nei confronti del pubblico – convincerlo della bontà delle scelte, organizzare eventi che possano avvicinare o fare da tramite per nuove proposte, accompagnarli con gentilezza verso comportamenti diversi da quelli che si condannano – quanto nei confronti della propria rassegna, cercando di utilizzare i vari ruoli per trovare nuove strade per innescare quel dialogo. Il punto, naturalmente, non è correre dietro i gusti del pubblico, ma dare ai progetti un contesto in grado di rendere al meglio sotto ogni punto di vista.



Le difficoltà


Come è facile immaginare, sono percorsi lunghi e non sempre facili da condurre. Vanno valutati gli orari e i luoghi, vanno scelti e motivati i personaggi da coinvolgere, bisogna agire con coerenza rispetto ai concerti e agli eventi in programma. E, va da sé, non basta provare a fare qualcosa perché la risposta sia immediata e oltre ogni aspettativa. Si tratta di un “investimento a lungo termine”. D’altronde, se una delle tante questioni è non poter fare a meno del cibo, o del vino, per invogliare le persone ad uscire di casa, se vogliamo riportare con forza l’accento e la centralità sulla musica, qualcosa bisognerà pur fare. E, tra parentesi, non è che gli abbinamenti siano un male di per sé: la chiave è sempre nel modo in cui si conducono le cose.


Ecco, forse la risposta è in un punto relativamente semplice da enunciare, un po’ più delicato da mettere in pratica: assumersi la responsabilità di quello che si propone e, quindi, valutare tutte le componenti poste in essere, fare un esame di coscienza al lavoro svolto e al modo con cui lo si presenta al pubblico.


La creazione di momenti simili può diventare un percorso che affianca le vite delle scuole di musica e dei festival: può essere il mezzo per dare una continuità, durante il corso dell’anno, alle attività di una rassegna normalmente relegata a un determinato periodo dell’anno e può porsi come strada per tastare il rapporto con il pubblico e il territorio.



L’esperienza delle guide all’ascolto


Per tornare all’inizio del racconto, l’esperienza delle guide all’ascolto è, in generale, positiva. Quando le persone vengono portate all’interno delle motivazioni che hanno dato vita alla musica che conoscono oppure vengono in contatto in maniera meno fortuita con brani e artisti che ignoravano, trovano il modo di passare poi a un gradino successivo del loro percorso. Certo, si potrà ribattere vengono persone già interessate o, comunque, curiose e, quindi, si parte avvantaggiati. L’analisi va, ovviamente, rivolta nei confronti di tutto il pubblico presente e altrettanto ovviamente, mi ripeto, vanno pensate tutte le cose per bene: in primo luogo, cercare di raggiungere, in un processo sempre in fieri, una preparazione adeguata alle cose da dire e poi la collocazione dell’incontro in un contesto ben studiato.


La scena, però, avviene simile al termine delle varie occasioni di incontro, che si tratti di presentazioni di libri, guide all’ascolto, conferenze di vario genere o reading. Le persone si avvicinano, chiedono riferimenti per proseguire la loro esplorazione, si interrogano. Certo, poi, arrivano anche quelli che vogliono solamente dimostrare di saperne a pacchi: ma come ci sono pessimi relatori, ci sono anche ascoltatori che non ascoltano. Il senso prevalente è la condivisione di un’esperienza.


La grande rivoluzione portata dalla rete ha avuto, come ogni cosa, effetti positivi e negativi: molti però sono stati dirompenti, in entrambi i casi. La fascinazione della musica in rete è stata vissuta da tutti, ciascuno secondo livelli specifici. Se si vuole, il nuovo ruolo vissuto dal vinile è quello dell’oggetto difficile da incontrare fuori del negozio di dischi e, di conseguenza, rimette al centro la funzione del luogo: si cerca nel negozio di dischi ciò che l’acquisto in rete o in un centro commerciale non possono offrire, torna sempre più percepibile la ricerca di una esperienza offline, distante dallo schermo, vissuta con i sensi.


La guida all’ascolto diventa facilmente il paradigma di questo ragionamento. Un percorso verso nuove conoscenze o verso nuove prospettive per ascolti già effettuati, dove soprattutto è presente la dimensione biunivoca della condivisione, perché anche chi parla – sia nel preparare i materiali che nell’esposizione e nel dialogo con i partecipanti – deve mettere in gioco sé stesso e riuscire a trasmettere al pubblico i concetti.



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