Foto: Giorgio Di Fede (per gentile concessione dell’ufficio stampa dell’artista)
Slideshow. Giuseppe Milici
Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Giuseppe Milici?
Giuseppe Milici: Giuseppe Milici è uno che crede che tutto sia possibile, basta crederci…
JC: Mi parli ora del tuo nuovo album The Look Of Love per la Irma Productions?
GM: Contrariamente ai dischi che ho realizzato in precedenza, che erano prevalentemente strumentali, questo, anche in virtù della mia passione per il canto e i cantanti, vuole essere un omaggio a tutte le canzoni che per me sono state di fondamentale importanza nella mia formazione, ho quindi deciso di invitare sei cantanti, a mio avviso straordinari, che hanno reso questo sogno realtà.
JC: Quale clima dunque si respira in The Look Of Love?
GM: I brani sono molto diversi l’uno dall’altro quindi considero questo lavoro un po’ rapsodico ma fortunatamente a rendere omogeneo il lavoro ci hanno pensato Papik e Fabrizio Foggia che con i loro arrangiamenti hanno reso uniforme il tutto.
JC: Mi racconti ora il primo ricordo che hai della musica?
GM: Da bambino ero fortemente attratto dalla musica di Beethoven e da Frank Sinatra. Ricordo che mi appassionavano al punto di commuovermi fino alle lacrime e questo ha spinto i miei genitori a credere nella genuinità della mia passione anche se poi in effetti, a causa della timidezza, ho deciso di fare il musicista soltanto all’età di diciannove anni.
JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista jazz?
GM: Il jazz, contrariamente alla musica classica, dà molto più spazio all’esecutore che nello stesso momento in cui suona diventa anche compositore. Il jazz dà sicuramente una maggiore libertà, libertà che per me è fondamentale in ogni aspetto della mia vita.
JC: E in particolare un armonicista jazz?
GM: Mi affascinava l’idea di uno strumento in grado di fare grandi cose pur essendo estremamente piccolo a tal punto da poter essere riposto in una tasca.
JC: Ma cos’è per te il jazz?
GM: Libertà!
JC: Quali sono le idee, i concetti o i sentimenti che associ alla musica jazz?
GM: Associo il jazz a quel periodo storico che amo tantissimo che è la storia degli Stati Uniti da inizio secolo fino agli anni 60. Il jazz è una musica in bianco e nero che trovo estremamente evocativa e oggi mi rendo conto che non potrei più farne a meno.
JC: Tra i brani che hai fatto ce ne è uno a cui sei particolarmente affezionato?
GM: The Shadow Of Your Smile senza ombra di dubbio in quanto è il brano che mi ha ispirato e spinto a fare il musicista… come autore, il brano è senz’altro “Dimmi Cos’è” grazie anche alla straordinaria interpretazione di Alan Scaffardi e Fabrizio Bosso.
JC: E tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?
GM: Sinatra & Jobim della Reprise, ovvero Francis Albert Sinatra & Antonio Carlos Jobim Aranged And Conducted By Claus Ogerman per citare il titolo per intero
JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?
GM: In musica sono un autodidatta anche se per brevi periodi di tempo ho avuto degli insegnanti straordinari quali Willi Burger e Larry Nash. Per tutto il resto devo molto a mia madre che mi ha sempre spinto nella giusta direzione. Ricordo che quando vinsi un concorso alle poste, lei mi disse: «Perché vuoi chiuderti in un ufficio postale se desideri suonare e viaggiare?» Io allora le risposi che la ragione era perché avevo paura di non farcela, e lei mi disse: «Ricordati che potrai sempre suonare per strada e non avrai un padrone». Questa è mia mamma.
JC: E gli armonicisti che ti hanno maggiormente influenzato?
GM: Toots Thielemans e Stevie Wonder.