Cristiano Calcagnile – Multikulti Cherry On

Cristiano Calcagnile - Multikulti Cherry On

Caligola Records – Caligola 2215 – 2016



Cristiano Calcagnile: batteria, percussioni, voce, arrangiamenti

Paolo Botti: viola, violino di Stroh, banjo, salterio ad arco, er-hu, percussioni

Massimo Falascone: sax alto, sax baritono, cracklebox, oggetti

Nino Locatelli: clarinetto basso, campane, melodica

Gabriele Mitelli: tromba, flicorno, pocket trumpet

Pasquale Mirra: vibrafono, percussioni, voce

Gabriele Evangelista: contrabbasso, voce

Dudu Kouatè: percussioni africane, xalam, calebasse, djembe, effetti, voce







Prendendo a prestito il titolo dall’ultimo album di Don Cherry, “saccheggiandone” (ma in senso positivo e, diremmo, filiale) assai più largamente il patrimonio e il lascito artistico, s’assembla un articolato ottetto di differenziato apporto strumentale, foriero di riferimenti e omaggi, letterali e/o correlati all’arte e alle creazioni d’ampio respiro dell’originale musicista, “folletto associabile al Matto dei tarocchi, imprendibile e solitario, ma aggregatore di spiriti curiosi e inquieti”.


Tra questi ultimi deve evidentemente aver diritto di cittadinanza l’autore delle note e del progetto in esame, coltivato batterista dell’area milanese, di spessori continentali e curiosità apolidi, che arruola per l’occasione personalità assai vivaci della nostra scena e fortemente investiti nell’area avant-garde, che ben si dispongono a ricreare un flusso rappresentativo che s’ingegna a conformare un grande affresco-tributo dell’originale trombettista-autore e cittadino del mondo.


Naturalmente assai rappresentate (anzi preponderanti) le composizioni a firma di Cherry, cui si frammischiano anche firme di enorme peso (Coleman, e perfino Terry Riley in Terry’s Tune) oltre che grandissimi partner (Eddie Blackwell e Dewey Redman), articolando i sei movimenti con un vivace, destrutturato intro a firma di Calcagnile (Cherry On), procedendo poi per blocchi tematici, dalla East Suite alla Communion e Mogùto Suite, stemperandone concitazioni ed energie di massa nella personale e ben nota Malinyè, in cui una certa personificazione del dedicatario è incarnata dall’arte vocale e strumentale, ma anche dal naturale background, del maturo senegalese Dudu Kouaté.


Abitate da una ridda di veementi grida urbane (richiamanti le forze d’impegno del free originario), percorse linguisticamente dalla giungla d’ispirazioni coloristiche che hanno reso così personale e interrogativa l’arte del grande musicista, con incisivi prestiti dal Sud e dall’estremo Est del mondo, non mancano i personali, non raramente eccentrici spunti di tenerezza e fragilità delle sue più intime espressioni, rendendo pressoché completo, non tanto nell’antologia dei materiali ma soprattutto per gamme emotive, il progettuale omaggio, che si dispiega con forza orchestrale improntata al colore e alla circolazione delle energie, nel senso scenico di una festosa scorreria multilingue.


Dispiegando a tutto campo l’articolata panoplia percussiva, tracciando segni per gli animatori d’ance e corde, combo battente e pulsante che non rinnega le quadrature, sia pure sghembe, dei canoni d’epoca, Calcagnile si palesa abile a governare (ma in grande spirito di libertà) un naturale e singolare sincretismo, riuscendo insomma a ricreare, ma più acconciamente ad invocare un soundscape composito, contributivo non sempre alla lettera (che avrebbe peraltro poco senso e ragioni, nella natura del caso in esame), rivoltando le naturali disposizioni free e le esploranti visioni world (già da ben prima che il fenomeno si definisse come “genere”), rievocando dell’unicità di Don Cherry la tempra avventurosa e un’inclinazione non sempre misurata all’azzardo e, diremmo soprattutto, il genuino senso di meraviglia condivisa.