Paolo Fresu e Uri Caine, un Viotti d’Oro al jazz contemporaneo

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Paolo Fresu e Uri Caine, un Viotti d’Oro al jazz contemporaneo


Serata di gran gala domenica 13 novembre alle ore 21 al Teatro Civico di Vercelli con l’unico evento culturale della città piemontese che, dal 1955 a oggi, grazie alla locale Società del Quartetto, diretta da Pier Robbone, assegna una onorificenza internazionale. Il Viotti d’Oro 2016 infatti arriva oggi a premiare due sommi esponenti del jazz contemporaneo, Paolo Fresu e Uri Caine, quindi l’Italia (e l’Europa) accanto agli Stati Uniti (l’America), ovvero filosofie diverse e complementari e perciò perfettamente integrabili in un discorso riguardante le moderne sonorità che entrambi rappresentano al meglio.


Racconta Paolo Fresu nella postfazione al libro su Uri Caine di Gian Nissola di prossima pubblicazione: «Ho conosciuto Uri Caine in una calda estate di ormai molti anni fa. Credo fosse quella del 2001. Mi trovavo a suonare al festival di Marciac, nel Sud Ovest della Francia. Tutti e due eravamo in cartellone, con i nostri rispettivi gruppi, nel programma del festival più importante dell’ottagono. Seduti nel backstage ci siamo trovati a mangiare a fianco e abbiamo iniziato a parlare. Mi ha raccontato della passione per l’Italia e di quella per la musica, una e indistinta.»


Per l’anno successivo, il 2002, Fresu invita Caine a unirsi al suo trio a suonare nel festival a Berchida, in quella edizione dedicato al tema dei Quadri di un’esposizione: «La sua musica – prosegue Fresu -mi sembrava perfetta per svolgere il compito dato e la sera mi invitò a raggiungerlo sul palco per improvvisare sullo standard Darn that dream. Brano che poi abbiamo inciso qualche anno dopo nel nostro Things pubblicato per Blue Note.»


Da allora la tromba e il pianoforte più versatili dell’attuale jazz moderno quindi deciso di intraprendere un pezzo di percorso comune: «Percorso che é fatto di comunicazione, stima e amicizia ma soprattutto di onnivora passione per la musica. In quella calda estate del 2001 c’è qualcosa che ci ha spinto a collaborare senza che noi si fosse coscienti e mi chiedo sempre quale sia stata la motivazione».


La motivazione consiste forse nel creare ex novo un duo che da allora a oggi, sia pur a intermittenza, tra i molteplici impegni dell’uno e dell’altro, si presenta tra i migliori sula scena creativa. Esattamente dieci anni fa, nel 2006, esce infatti con una prestigiosa etichetta discografica, l’album Things a nome Paolo Fresu e Uri Caine, dopo che i due suonano parecchie volte insieme face-to-face nel corso del nuovo Millennio: la tromba del sardo e il pianoforte del newyorkese s’incrociano lungo gli eterogenei percorsi di evergreen, original, brani di varia provenienza stilistica che non elude nemmeno le grandi tradizione classiche e popolari. Tre anni dopo Fresu e Caine, visti anche i positivismi riscontri di pubblico e critica in merito all’album, ripetono l’esperimento con Think, che fin dal titolo, riprendere il discorso, evidenziando ulteriormente le possibili combinazioni tra l’eleganza e l’intimismo del trombettista e l’estro imprevedibile del piano player.


Si sa che l’incontro tra due geni musicali o anche più semplicemente tra due importanti jazzisti è sempre qualcosa di imprevisto, rischioso, indecifrabile. E non tutte le ciambelle escono con il buco: purtroppo succede addirittura ad esempio a Louis Armstrong e Duke Ellington, quando nel 1961, gli allora maggiori jazzmen della storia si incontrano per la prima volta in un’unica session per un paio di dischi: ne uscirono album più che dignitosi, ma non capolavoro assoluto, perché non basta associare due sommi talenti per ottenere un risultato straordinario.


Per fortuna o piuttosto grazie a un progetto molto ragionato, accadono pure i miracoli, come nel caso appunto di Fresu e Caine, anche loro, come Armstrong ed Ellington, rispettivamente alla tromba e al pianoforte: anche loro non solo importanti jazzisti, ma autentici geni musicali, per quanto, al momento, forse non ancora confrontabili con l’eccezionalità di Satchmo o del Duca, Paolo e Uri restano comunque fondamentali innovatori nel recente panorama jazzistico; tuttavia nel secondo Think del 2009 i due preferiscono affidarsi alle tradizioni consolidate, con Fresu a ribadire un raffinato sognante estetismo e con Caine che invece partecipa brillantemente alle soluzioni eclettiche e variabilissime.


Per Think di fatto si tratta di un dialogo a due fra tromba (e flicorno, elettronica) da un lato e pianoforte (e fender rhodes) dall’altro, con l’aggiunta dell’Alborada String Quartet (due violini, viola, violoncello) a fare quasi da terzo interlocutore e comunque parte attiva di un progetto efficace, anche se multiforme. In concreto Fresu e Caine improvvisano da par loro anzitutto su brani originali, alternando Duru Duru Durulìa, Tema Celeste, Centochiodi di Paolo, a Blood Money, In Memoriam, Claws, Cowboys And Indians di Uri. Poi inseriscono di proposito brani eterogenei: un jazz standard (Doxy di Sonny Rollins), un song americano (Darn That Dream di Van Heusen), due pezzi del jazzman olandese Diederik Wissels (The Way Forward e Ossi), persino il barocco (Lascia ch’io pianga di Haendel) e l’operetta (Non ti scordar di me), mentre la title track è un’improvvisazione collettiva.


Resta infine un sound pacato d’atmosfera che, nella sua morbida tranquillità, quasi tutta su tempi medi, mette ancor più in evidenza il reciproco sofisticato lirismo dei leaders e dell’intera operazione. Come in Things, anche Think, fra talento e sensibilità, si ascoltano il timbro suadente di Fresu che ricerca il perfetto complemento nel pianismo di un Caine in grado di fornire un groove assai stimolante ogni qual volta il fiato diventa solista esclusivo:insomma entrambi si chiamano a vicenda a sostenere la musica in solitudine dell’uno e dell’altro.


In attesa del terzo imminente e annunciatissimo album (registrato nei mesi scorsi in Germania), ecco il Viotti d’Oro 2016, un premio che gratifica il valore d entrambi e che giunge a trent’anni esatti dalle ultime onorificenze vercellesi conferite a due autentici jazzisti (Gerry Mulligan nel 1984 e Dizzy Gillespie nel 1986); un po’ come l’Accademia svedese con il Nobel per la Letteratura 2016 a Bob Dylan, anche la Società del Quartetto di Vercelli, a modo suo, intende le premiare una realtà in controtendenza, ormai “classica” come il jazz, benché ancora vivissima nell’attuale panorama artistico internazionale. Del resto Paolo Fresu e Uri Caine, insieme, risultano creatori di un jazz cameristico che, in qualità espressiva, forse non ha pari nell’attuale universo musicale.