JMS – 2016
Dave Liebman: sax soprano, sax tenore, flauto
Mario Laginha: pianoforte, Fender Rhodes
Ricardo Pinheiro: chitarra elettrica
Massimo Cavalli: contrabbasso
Eric Ineke: batteria
Benché il primo nome (messo in cima al lungo elenco di intestatari del quintetto) sia quello di un pluristrumentista che ha fatto la storia del jazz degli ultimi cinquant’anni, Dave Liebman ha voluto equalmente mettersi alla pari degli altri quattro strumentisti che dunque arrivano a completare una jazz band internazionale di sicuro valore artistico. Con Is Seeing Believing? c’è infatti la conferma di un jazz album di ottima fattura grazie all’interazione fra tutti, grazie all’indiscusso potere carismatico di Liebman (che è pure la voce solista principale) e grazie alla scelta di un repertorio eterogeneo, che viene efficacemente amalgamato proprio dalla forza del collettivo. Intanto va detto che, oltre Dave ai sassofoni soprano e tenore e al flauto, gli altri, come una grossa sezione ritmica, collaborano attivamente alla riuscita dell’album: i portoghesi Mario Laginha (pianoforte e fender rhodes) e Ricardo Pinheiro (chitarra elettrica) costituiscono il punto di raccordo fra le improvvisazioni e l’accompagnamento dovuto all’italiano Massimo cavalli (contrabbasso) e all’olandese Eric Ineke (batteria). L’ensemble dunque si muove all’interno di un jazz contemporaneo tranquillo, in cui Liebman pare scordarsi delle molte asprezze di certi album precedenti, per lasciarsi invece trasportare da un sound più lirico, cristallino, romanticheggiante, benché sorretto da una carica intrinseca di vero swing su ogni tempo (veloce, medio, lento). Ecco dunque via via sfilare la title track scritta da Dave e altri due soli original, Rainy Sunday di Cavalli e Ditto di Pinheiro, mentre il resto spazia dalla bossanova con Beatriz (Chico Buarque) al tropicalismo di Coracao vagabundo (Caetano Veloso), senza trascurare tre grandi canzoni americane quali Old Folks (Willard Robison), Skylark (Hoagy Carmichael), I Remember You (Victor Schertzinger) per avventurasi infine in un jazz standard moderno come Everybody’s Song But My Own di Kenny Wheeler. Un album, alla fine, da tenere in seria considerazione.