Emancipation, l’esordio da leader di Alessandro Rossi

Foto: copertina del disco










Emancipation, l’esordio da leader di Alessandro Rossi




Batterista tra i più promettenti della scena jazz italiana, Alessandro Rossi ha da poco pubblicato il suo primo disco da leader intitolato Emancipation. Il progetto è realizzato in quartetto assieme ad Andrea Lombardini, Massimo Imperatore e Massimiliano Milesi.




Jazz Convention: Alessandro Rossi, raccontaci di te, degli inizi della tua carriera, dei tuoi “maestri”, e della tua scelta di essere un batterista jazz?


Alessandro Rossi: Ho iniziato a suonare la batteria quando avevo cinque anni. Sono nato in una famiglia di “non musicisti”. I miei genitori sono stati sempre i principali fautori della mia crescita musicale. Non è scontato avere una famiglia in grado di sostenerti fin dall’inizio. Devo molto a loro e mi sento molto fortunato. Il mio incontro con la musica è avvenuto indirettamente tramite mio padre. Lui è sempre stato un grand fan dei Queen e conservava una videocassetta del famoso Live at Wembley. Ho visto quel concerto decine di volte e ricordo di essere sempre stato attratto dalla batteria di Roger Taylor. A sei anni ho iniziato a prendere lezioni di batteria. Il mio primo insegnate è stato Ciò Rossi, poi Massimo Caracca e in seguito ho affiancato lo studio della batteria con il percorso classico, studiando percussioni al conservatorio di Milano con Andrea Dulbecco. In quel periodo (tra i 15 e 18) anni ho avuto esperienze nell’ambito della musica classica suonando come percussionista in diverse orchestre. Di fatto non ho mai lasciato la batteria. I miei più importanti maestri sono stati Stefano Bagnoli e Francesco D’Auria. Con loro condivido un bellissimo rapporto di stima e amicizia. I miei esordi nell’ambito del jazz è avvenuto intorno al 2005/2006. Una delle prime formazioni che ebbi fu con un trio (MLT) che ospitava Malika Ayane, all’epoca sconosciuta. Con Lei ho suonato qualche anno, venendo poi coinvolto nella sua band per un breve periodo. Uno delle prime importanti collaborazioni fu quella con Gianluca Di Ienno, con il quale condivido tutt’oggi diversi progetti. Tramite lui conobbi Giovanni Falzone, uno dei miei mentori musicali con cui ho la fortuna di suonare in molte sue formazioni tra cui un duo che prende il nome di Modus Operandi. In seguito fui coinvolto da Riccardo Fioravanti nel suo progetto DukÈs Flowers dove conobbi Roberto Cecchetto. Tra il 2014 e il 2016 ho suonato con L’Orchestra Nazionale Giovani Talenti, diretta da Paolo Damiani. È stata una bellissima esperienza dove ebbi l’occasione di suonare in prestigiosi palchi e suonare con grandi ospiti come Enrico Rava, Rosario Giuliani e Gianluigi Trovesi. In questi ultimi anni sono aumentate le collaborazioni da sideman, che hanno portato alla pubblicazioni di diversi dischi, tra cui i gruppi di Simona Parrinello, Gianluca Di Ienno, Fulvio Sigurtà, Andrea Dulbecco e Giovanni Falzone, con cui recentemente ho registrato Pianeti Affini, disco di prossima uscita Cam Jazz.



JC: Emancipation è il tuo primo disco da leader. Perché hai scelto questo titolo? Cosa vuol significare?


AR: Emancipation è la fotografia di un importante periodo di svolta nella mia vita personale ed artistica. Sentivo il forte desiderio di sintetizzare il mio pensiero musicale. Questo disco sancisce la fine e l’inizio di un nuovo capitolo. La volontà di esprimere se stessi, cercando la propria strada. Ogni brano ha una sua storia, una sua evoluzione, un suo timbro. Rock, jazz, elettronica; gli ascolti che mi hanno maggiormente influenzato sono stati il mio punto di partenza. Non mi sono posto il quesito di come questo repertorio possa essere definito. Il risultato è ciò che per me rappresenta la musica, ciò che vuol dire suonare con gli altri. La musica, come la vita, è fatta di persone, di relazioni, di incontri. Ho scelto Andrea, Massimo e Massimiliano perché, oltre al loro talento, sentivo che insieme avremmo creato la giusta alchimia, costruendo qualcosa insieme.



JC: Esordire con la CamJazz è un inizio mica male…


AR: È stato un inizio con il botto! L’incontro con Ermanno Basso (il produttore artistico) è stata la svolta per il progetto. Lavorare con Cam è come viaggiare in Rolls-Royce. Se penso agli artisti che ne fanno parte mi sento quasi imbarazzato, ma orgoglioso. Abbiamo registrato da Arte Suono Recording Studio e il fonico è stato Stefano Amerio. Lavorare a così alti livelli è fantastico e rende tutto più facile; ti permette di concentrarti pienamente sulla musica. Ovviamente bisogna essere all’altezza delle aspettative: esordire in serie A è bello, ma ha una naturale dose di rischio. Sono molto contento del risultato finale e che il mio debutto discografico come leader sia avvenuto con una etichetta così importante.



JC: Emancipation è suonato in quartetto con musicisti giovani e talentuosi.


AR: Dici bene. Sono tra i musicisti più forti in circolazione. Quando ho pensato a che tipo di suono avrei avuto per il mio quartetto non ho avuto dubbi. Il primo musicista che ho chiamato è stato Andrea Lombardini. Fondamentale nello sviluppo di questo progetto, è un bassista ed un musicista pazzesco in grado di dare tantissimo alla musica. Ho imparato tantissimo da lui. Massimo Imperatore l’ho conosciuto nell’Orchestra Nazionale Giovani Talenti; é il tipo chitarrista che cercavo: completo, creativo e solido. Quando ho pensato ad un chitarrista non ho avuto dubbi. Massimiliano Milesi è una delle voci più importanti ed eclettiche del panorama del jazz italiano. Condivido con lui molti progetti e adoro il suo estro e il suo continuo flusso magmatico che apporta ogni volta alla musica. Era il sassofonista che cercavo. Con loro si è instaurata un bellissima intesa musicale ed umana. Questo aspetto è fondamentale, quando le cose vanno bene anche giù dal palco la musica ne risente in positivo.



JC: La gran parte dei brani di questo tuo progetto sono originali: quando li hai pensati e scritti? E che strumento usi quando componi?


AR: Il pretesto di scrivere musica originale è stato il recital per la tesi della mia laurea in Batteria e Percussioni. Sentivo l’esigenza di esprimere il mio pensiero musicale e così, scelti i membri della band, ho completato il repertorio. I live ha fatto sì che la musica si sia naturalmente evoluta. Andrea, Massimo e Massimiliano hanno contribuito attivamente allo sviluppo e arrangiamento dei brani. Quando compongo utilizzo tendenzialmente il pianoforte. É uno strumento che adoro e trovo estremamente efficace per scrivere e arrangiare la musica.



JC: Le due cover contenute in Emancipation sono dei classici: uno del jazz come Punjab e l’altro del rock come Lithium…


AR: In questo disco di esordio ho voluto far convivere due mondi musicali che adoro, il Jazz e il Rock. Ho sempre ascoltato entrambi i generi. I Nirvana sono tra i mie gruppi preferiti, Lithium è in qualche modo il brano della mia adolescenza. In & Out di Joe Henderson è uno dei dischi che preferisco e Punjab è un brano che ho sempre trovato affascinante e geniale. L’arrangiamento è pensato come una sorta di time-line. Inizia Swing, si evolve Even per arrivare ad un’ostinato coerente all’estetica del gruppo. Nel caso di Lithium invece ho voluto dare priorità al suono anziché alla scrittura. Il brano viene eseguito cover nella prima parte, per poi approdare in un pedale rock con distorto ed elettronica.



JC: Le liner note sono di Brain Morton. Come è nata questa collaborazione?


AR: Brian Morton? Collabora con Cam Jazz. Personalmente è stato un onore avere le sue liner all’interno del disco. Sono molto contento che abbia apprezzato la mia estatica e abbia trovato la scrittura di questo disco mai scontata. Quello che ha scritto Morton è stata una piacevole sorpresa, in particolare la citazione, tra le altre cose, di Burning The Iceberg. Ha centrato in pieno quella che è la mia idea di Emancipation.



JC: Se tu fossi davanti a un pubblico che non conosce il jazz come racconteresti la musica suonata in Emancipation?


AR: Innanzitutto direi che non è un progetto di Jazz. Questa parola spesso spaventa i non addetti ai lavori. Etichettare è un’operazione che, in particolare modo in questo genere musicale, mi ha sempre spaventato. Ritengo questo processo un inutile freno a ciò che per natura è destinato ad essere in continuo sviluppo, libero di evolversi, influenzato da tutto ciò che in quel momento lo circonda. Si può dire che uno degli obbiettivi di questo disco è quello di rivolgermi ad un pubblico curioso di conoscere qualcosa di diverso, scoprendo infine che poi questa musica non è così lontana da quello che più comunemente si ascolta. Alla fine di un nostro recente concerto, un musicista “di Jazz” mi ha chiesto, come mai avete fatto un brano dei Nirvana come bis? Sempre la stessa sera due ragazzi, non musicisti, mi hanno detto: «bellissimo, non pensavamo di ascoltare un brano di Kurt Cobain venendo alla presentazione di un disco di Jazz.» Questo è esattamente quello a cui mi riferisco. Con Emancipation spero di limare questi inutili preconcetti, cercando di coinvolgere un pubblico vasto, formato non esclusivamente da musicisti, un pubblico nuovo, di cui questa musica ha tanto bisogno.




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