Garrison Fewell/Gianni Mimmo – Flawless Dust

Garrison Fewell/Gianni Mimmo - Flawless Dust

Long Song Records – 2016



Garrison Fewell: chitarra elettrica, percussioni

Gianni Mimmo: sax soprano






La responsabilità nel ritardo della recensione, aggravata dalla qualità eccelsa della musica contenuta, è invece alleviata dal fatto che non trattasi, il che è presumibile conoscendo Fewell e Mimmo, di musica di rapido consumo, tutt’altro. L’album nasce da scambi epistolari e poi l’incontro, voluto e cercato, è stato favorito dall’amore del chitarrista statunitense per l’Italia. Musica integralmente improvvisata da due superbi musicisti, “improvvisatori totali” o quasi (Bailey e Lacy balzano alla mente) dotati di una grandissima capacità di ascolto e della rara, quanto indispensabile, capacità di mettersi al servizio della musica.


Quale musica? si dirà… quella ancora da costruire, quella che verrà, senza affidarsi al caso ma a tanto altro, quella che ha risuonato individualmente, quella di cui è improbabile si sia discusso a tavola. Il suono sorprende e affascina e così la “costruzione” dei brani, il loro sviluppo cauto e meditato, il controllo, assoluto, dei rispettivi strumenti. Con Garrison Fewell, cui il disco è dedicato, ci ha lasciato un meraviglioso essere umano, oltre che grande musicista; qui con umiltà e serenità stupefacenti lo troviamo intento ad ampliare suono, articolazione e identità della chitarra: ora corde percosse, ora carillon. Lo troviamo costantemente al servizio della musica e quando il suo contributo è in maggior risalto, come nel centrale esteso A Floating Caravan, ne beneficia e trae ispirazione il bravissimo Gianni Mimmo che, dimenticandosi maggiormente del maestro Lacy, ci regala momenti di poesia personali, sinceri e vitali. Le situazioni d’improvvisazione totale possono regalare tesori, qui quasi a ogni istante, ed è lì che forse é opportuno oggi cercarli perché altrove sono diventati rari, ma sempre comportano grandi rischi e richiedono, ai musicisti e all’ascoltatore, di sapersi/volersi mettere in gioco. In situazioni aperte, “informali”, la tecnica, improvvisativa o quella strumentale (o entrambe), non può essere usate quale schermo; d’altro canto all’ascoltatore – al recensore – poco servono i ferri del mestiere, per quanto affilati e ben oliati possano essere. Accade poi che quando densità, concentrazione, ampiezza di orizzonti sonoro-espressivi, consequenzialità e bellezza siano presenti in maniera vivida come in questa prova, le parole subito si ritraggono per lasciar posto al silenzio dell’ascolto.