RaRa Records – PHM160901LC – 2016
Ludovico Carmenati: contrabbasso
Cesare Vincenti: tromba, flicorno
Samuele Garofoli: tromba, flicorno
Massimo Morganti: trombone
Simone La Maida: sax alto, flauto
Marco Postacchini: sax tenore, clarinetto basso, flauto
Stefano Coppari: chitarra elettrica, chitarra acustica
Massimo Manzi: batteria
Una confezione sobria e priva di indizi contiene in realtà un disco ricco di spunti e ben suonato. Ludovico Carmenati ha voluto, in pratica, che l’ascoltatore ad entrare all’interno delle nove tracce sulla scorta di poche informazioni. E rimane all’interno del disco, completamente bianco, forse la chiave più importante: vale a dire, l’organico ampio, costituito da musicisti che collaborano insieme da tempo e che spesso si sono trovati ad avere a che fare con formazioni di respiro orchestrale.
E, in effetti, il disegno musicale tracciato dal contrabbassista si avvantaggia della disposizione dei vari musicisti al lavoro di sezione: composizioni strutturate ma sempre in movimento diventano agili e grazie alla capacità di ciascuno degli interpreti di mettersi al servizio della scrittura e di dare la giusta profondità espressiva ai diversi livelli sonori che costituiscono i brani. Carmenati cerca l’equilibrio tra il materiale preesistente e la possibilità di improvvisare: la sua visione del jazz unisce elementi moderni e rispetto per la tradizione, la dimensione orchestrale diventa la chiave per cambiare gli scenari senza però esagerare o lasciarsi prendere la mano. l’organico ampio permette di sganciarsi dal meccanismo più semplice dove si succedono temi e assolo, più usuale nelle formazioni ristrette, ma questo avviene sempre con cognizione di causa, senza forzature o costrizioni. E, soprattutto, con una regia complessiva che tesse un filo narrativo che scorre tra le varie tracce: alcune sonorità, la chitarra acustica ad esempio, vengono riprese in modo da dar vita ad una sorta di punteggiatura; brevi temi e cellule sonore rispondono a spunti già incontrati nelle tracce precedenti per offrire un andamento circolare al racconto, per dare all’ascoltatore la sensazione di tornare a riprendere in considerazione gli argomenti senza lasciarli in sospeso.
Un lavoro costruito con cura da Ludovico Carmenati, senza cercare rivoluzioni a tutti i costi, ma trovando una veste personale per le composizioni: un intreccio equilibrato dove l’attenzione per la storia del jazz e gli spunti più attuali convivono e si intersecano tra loro.
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