Talos Festival 2017. Il Diario del Festival

Foto: Fabio Ciminiera










Talos Festival 2017. Il Diario del Festival

Ruvo di Puglia

Domenica dieci settembre 2017

Presentazione CD “For Mandela”

Roberto Ottaviano Solo

Formiche. performance coreografica a cura di Compagnia Menhir con Roberto Ottaviano

Presentazione CD Doux Désirs

Big Band del Conservatorio Piccinni di Bari diretta da Vito Andrea Morra

Ihab Radwan & Michel Godard

Canzoniere Grecanico Salentino meets Talos Brass Bass Ensemble and friends (Michel Godard, Roberto Ottaviano, Nicola Pisani e Livio Minafra)



Il Talos Festival si chiude, come di consueto, con una giornata lunga e densa di avvenimenti. La presentazione del disco For Mandela della Minafric è l’occasione per iniziare a tracciare un primo bilancio del festival e per rimettere al centro dell’attenzione le produzioni pensate e realizzate negli anni dal festival. Roberto Ottaviano e i danzatori della Compagnia Menhir sono i protagonisti del momento musicale della mattina: un dialogo a due, le evoluzioni del sax soprano e, di volta in volta, le coreografie di uno dei componenti della compagnia ruvese. Il culmine emotivo della performance è in un’azione scenica improvvisata dal sassofonista che raccoglie una piuma mentre suona e la dona alla sua compagna di palco dopo essersi rincorsi, allontanati e, infine, avvicinati, come in un rituale di corteggiamento. E durante il blues finale di Ottaviano, Giulio De Leo e gli altri danzatori sono andati a coinvolgere i vari protagonisti delle esibizioni viste dei giorni precedenti e parte dello staff del festival in un danza libera e “corale”.


Nel pomeriggio gli appuntamenti si sono susseguiti senza soluzione di continuità. In apertura, la divertente presentazione del disco realizzato da Ihab Radwan e Michel Godard, con l’esecuzione di un brano, poco più di un invito per il concerto che si sarebbe tenuto da lì a qualche ora. Con l’occasione, è stato presentato al pubblico anche il disco di Francesco Caligiuri, Olimpo, pubblicato anch’esso per Dodicilune. Subito a ruota, il saggio dei partecipanti alla masterclass tenuta da Eugenio Colombo e Nicola Pisani, una vera e propria azione musicale dove alle note e alle frasi degli strumenti, alla conduction di Pisani e al ruolo di solita di Colombo si è unito anche il movimento e l'”occupazione” fisica dello spazio, sfruttando gli echi del corridoio interno del chiostro e facendo confluire i musicisti sul palco dall’interno, preceduti dai suoni che giungevano dalle diverse porte del chiostro della Pinacoteca. E infine l’ormai consueto appuntamento nella Cantina di Ruvo di Puglia con la Big Band del Conservatorio Piccinni di Bari diretta da Vito Andrea Morra e la presenza come ospite speciale di Dario Cecchini.


La serata sul palco principale è stata aperta dalle atmosfere morbide e liriche del duo formato da Ihab Radwan e Michel Godard. La voce e l’oud del musicista egiziano, trasferitosi in Francia da diversi anni ormai, si confronta con i suoni gravi del serpentone, della tuba e del basso elettrico. Un incontro davvero notevole, giocato sulle diverse peculiarità degli strumenti e rivolto a creare una sintesi molto intrigante e ben riuscita. Passato e contemporaneità, attitudini modali e spunti più legati alla tonalità, le tante tradizioni del Mediterraneo e gli incontri suscitati, avvenuti o immaginati sulle sue coste: una musica che accoglie tanti riferimenti e sfugge ai limiti di una definizione stringente, una musica capace di mettere in risalto lo spirito poliedrico, eclettico, dei suoi due protagonisti, la loro attitudine al dialogo e alla curiosità reciproca. E, nonostante qualche goccia caduta all’inizio del concerto, il pubblico ha seguito con grande attenzione il filo narrativo di un concerto evocativo nelle sue atmosfere ma del tutto solido e intenso nella sua costruzione.


E, per finire, la congiunzione della musica salentina del Canzoniere Grecanico Salentino e del Talos Brass Bass Ensemble per una produzione originale del festival. La ricerca di una combinazione tra i brani della storica formazione e la forza prorompente dei i ritmi della pizzica, da una parte, e lo spirito della Banda e il lavoro di arrangiamento e di rilettura del materiale operato da Roberto Ottaviano, Nicola Pisani e Livio Minafra, dall’altra. Il concerto vive perciò di più fili che si intrecciano tra loro e confluiscono tutti nello spirito della festa conclusiva, nei colori delle luci e degli abiti, nelle danze condivise tra il palco e la platea.



Sabato nove settembre 2017

Evan Parker Solo

Arcipelago. coreografia di Giulio De Leo/Compagnia Menhir con i musicisti della Masterclass Colombo/Pisani e con quindici adolescenti
John Surman Solo

La Notte della Banda con Michele Di Puppo, Eugenio Colombo, Dario Cecchini, Faraualla, Livio Minafra, Ihab Radwan, Peppe Barra, Pino Minafra



Una giornata divisa in due segmenti diversi per la quantità dei musicisti ma simili dal punto di vista del coinvolgimento e dell’emozione. Due mostri sacri del jazz europeo, Evan Parker e John Surman hanno tracciato la loro visione del sax solo. Solido e ascetico allo stesso tempo, spigoloso e quasi spartano per certi aspetti, giocato su arpeggi ostinati e ipnotici il primo, etereo e melodico il secondo, attento al confronto con le bande sonore preparate per l’accompagnamento: entrambi integri nell’approccio e coerenti nel proseguire un discorso avviato ormai da lungo tempo.


La Banda è una delle battaglie storiche di Pino Minafra e la seconda parte della vita del Talos Festival è stata spesso e volentieri dedicata alle diverse manifestazioni di questo formato musicale. Produzioni originali hanno dato vita a dischi e concerti in prestigiosi teatri e festival internazionali. L’esperimento tentato – e riuscito, va detto subito… – con La Notte della Banda è stato quello di mettere a confronto il suono e le potenzialità della banda con compositori e suggestioni provenienti dalle varie anime del mondo jazzistico e teatrale. Dalle spinte più funky del brano composto da Dario Cecchini alla dimensione lirica del tema firmato da Michel Godard e “portato” a Ruvo dall’oudista egiziano Ihab Radwan, dal lavoro proposto da Eugenio Colombo che ha preso uno scongiuro dialettale per trasformarlo in una partitura aperta verso le avanguardie alla favola musicale libera e straordinariamente divertente che ha visto protagonista Peppe Barra, nell’interpretazione libera e trascinante de La vecchia scorticata di Giovan Battista Basile, e Livio Minafra nella conduzione libera e altrettanto divertita della banda. La banda aveva aperto il concerto con alcuni brani della propria tradizione consolidata da storia ed esecuzioni e, dopo aver terminato questa sezione con la marcia trionfale de L’Aida ha aperto le sue porte al nuovo repertorio composto o riarrangiato per l’occasione. È facile dire che la tesi di Pino e Livio Minafra ha avuto una dimostrazione completa ed efficace in un percorso che, proprio per la ampia varietà del suo spettro espressivo, ha messo in risalto ogni sfaccettatura e possibilità della formazione. Forza d’urto e delicatezza, capacità strumentali dei singoli elementi, rispetto per la tradizione e per il suono della banda e apertura agli input presenti nei brani: se, tanto per fare un esempio, in Dream Team di Dario Cecchini era facile ritrovare gli echi di alcune cose dei Funk Off, è altrettanto ovvio che la banda fa proprio e “digerisce” il materiale alla sua maniera. E poi non vanno nemmeno dimenticati i passaggi bandistici di molti dei musicisti di jazz. Insomma, la Banda dimostra di avere i geni per affrontare questa eventuale trasformazione e la “scommessa” tentata del Talos ha colto senza meno nel segno.



Venerdì otto settembre 2017

Dario Cecchini Solo

Navigazioni. coreografia di Giulio De Leo/Compagnia Menhir con Dario Cecchini e con 28 bambini dai 5 ai 10 anni

Ernst Reijseger Solo

Peppe Barra Ensemble



Pioggia, prove e concerti. Il Talos Festival entra nel vivo e subisce, però, gli agenti atmosferici: i concerti serali si spostano al Palazzetto dello Sport, il solo di Dario Cecchini nella sala convegni della Pinacoteca. Intanto, durante la mattinata si è curiosato nelle prove de La Notte della Banda e, già dai due brani ascoltati si inizia a delineare l’idea voluta da Pino e Livio Minafra per questa serata e, in generale, per la prospettiva di questo progetto: un vestito sgargiante di colori e intenzioni diverse, con la Banda a dare coerenza al tutto grazie all’importanza della sua storia, un repertorio nuovo e sfaccettato in grado di innestarsi sul percorso consolidato nel corso dei secoli passati.


Il concerto in solo di Dario Cecchini si concentra principalmente sugli standard – senza disdegnare, però, una puntata sulla discomusic. Il sassofonista sviluppa l’accompagnamento e la ritmica, l’armonia e gli abbellimenti intorno alle melodie dei brani, gioca con la “memoria uditiva” dell’ascoltatore per sottintendere quanto già recepito nel passaggio precedente e negli incontri già avuti con i temi ed aggiungere altri tasselli al discorso. La forza interpretativa del baritonista completa il quadro: il volume e l’impatto di ciascuna nota, soprattutto nelle condizioni della sala, accorciano la distanza tra interprete e pubblico; la consuetudine alla gestione degli ensemble di fiati gli consentono di tenere sotto controllo le diverse linee utilizzate per costruire i brani, anche se in questo caso provengono tutte dallo stesso sassofono. E, infine, quando viene raggiunto sul palco da Nicola Pisani e da Francesco Caligiuri, il trio di baritoni che si forma conquista e trascina il pubblico a suon di riff blueseggianti e di scambi veloci tra i tre musicisti


Lo strumento musicale è un “mezzo” a disposizione del musicista. Ernst Reijseger porta alle estreme conseguenza questa affermazione e utilizza il violoncello secondo il proprio estro e riesce così a fare del solo un momento che unisce al senso musicale tanto l’attitudine teatrale quanto il gusto per la performance. Ironia e ricerca si intrecciano in un flusso continuo e danno vita ad un racconto compatto e sempre in grado di tenere su di sé l’attenzione del pubblico, nonostante le difficoltà acustiche causate dal palasport per un concerto del genere. Reijseger si alza e cammina con il violoncello in mezzo al pubblico del palasport, percuote il corpo dello strumento e fa lo scratch, come un dj, sulla sua tavola, lo imbraccia come una chitarra, lo pizzica e lo suona con l’archetto e interagisce con il suono e lo strumento in tante altre maniere ancora. Tutte variabili stratificate da anni nel suo vocabolario sonoro ma in grado di dare ogni volta un respiro unico alla sua esibizione.


Napoli e non solo. Peppe Barra traccia un ritratto della canzone napoletana ampio quattro secoli. Tradizioni e rinnovamenti, le maschere della commedia e la visione dolente e contemporanea di Enzo Gragnaniello. E, poi, con grazia e ironia, con un senso narrativo ruvido, con leggerezza e teatralità, si appropria e rende del tutto partenopei brani come No woman no cry e Obladì-Obladà. Il concerto diventa così una storia dedicata all’amore: amore per l’amore, amore per Napoli, amore per i deboli, un amore accorato ma senza sdolcinature, feroce e tagliente quando delude – come dimostra la lunga tirata sulla Napoli sporca messa a confronto da Barra on la pulizia e il biancore di Ruvo – e sereno, disincantato e accogliente quando accompagna con gioia un periodo del cammino della persona.



Giovedì sette settembre 2017

Eugenio Colombo Solo

Lirica. coreografia di Giulio De Leo/Compagnia Menhir con Eugenio Colombo al sassofono e con 19 uomini e donne over 65

Leonardo Di Gioia

Orchestra Sinfonica Città Metropolitana di Bari + Luigi Morleo & Maurizio Lampugnani SudJembé + Faraualla ospite Ernst Reijseger

Michel Portal & Vincent Peirani


Mettersi in gioco. Sotto questa parola d’ordine si può leggere gran parte del primo giorno del cartellone internazionale del Talos Festival 2017. E il primo spunto per questa scelta viene da Lirica, un’azione scenica condotta sulle improvvisazioni di Eugenio Colombo e sulle coreografie di Giulio De Leo da un nutrito ensemble di donne e uomini over 65 («Con una importante storia alle spalle» è stata la felice definizione di De Leo). Andare su un palcoscenico per confrontarsi con una musica di ricerca e offrire il proprio corpo e i propri movimenti per raccontare un’emozione. Ne è venuto fuori uno spettacolo senza sovrastrutture, diretto e toccante.


La seconda parte della serata, in Piazza Le Monache, è proseguita sempre sul sentiero della “sfida”. Un ensemble stratificato per dare vita ad una musica che unisce senso classico e tradizioni popolari, ritmi ancestrali e costruzioni più meditate: una doppia suite con l’Orchestra Sinfonica Città Metropolitana di Bari che ha dialogato prima con Luigi Morleo e Maurizio Lampugnani e il loro SudJembé ed il violoncello di Ernst Reijseger e poi con il quartetto vocale Faraualla. Una operazione davvero composita: le tante strade percorse dal Talos – dalla Banda al recupero delle tradizioni al ruolo della voce, dalla ricerca alla sintesi tra mondi sonori differenti – attraversate in poco più di un’ora in grazie all’unione di un’orchestra sinfonica capace di accettare la scommessa e mettersi a disposizione di un scrittura diversa da quella normalmente affrontata e di compositori in grado di spingersi oltre gli schemi prefissati dai generi e dalle convenzioni. Ernst Reijseger, nel primo segmento, e Luigi Morleo e Maurizio Lampugnani, nel secondo, hanno costituito l’elemento utile per aggiungere ulteriori spunti al cammino dell’ensemble con l’improvvisazione, con le sonorità del violoncello e delle percussioni, con la spirito curioso e, non ultima, con la frequentazione eclettica dei vari contesti stilistici.


Michel Portal e Vincent Peirani uniscono storia e virtuosismo, senso melodico e visione tradizionale, improvvisazione e libertà espressiva in un concerto che prende le mosse dalla Francia, come è facile immaginare, per toccare atmosfere e possibilità diverse: Cuba, con un originale di Portal, dedicato alla musica dell’isola caraibica, e gli Stati Uniti con la ripresa nel bis finale di Dancers in Love di Duke Ellington. Nel mezzo, un vero turbine sonoro: ritmi di danza, animati da spirito e brillantezza; improvvisazioni libere sempre solide e convincenti; un racconto in equilibrio tra salti funambolici, interplay e attenzione alla melodia.




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