Intakt Records – CD 300 – 2018
Sylvie Courvoisier: pianoforte
Kenny Wollesen: batteria, wollesonics
Drew Gress: contrabbasso
Replica anche in forma di line-up della recente e prima esperienza autoriale di Sylvie Courvoisier, a seguire l’apprezzato Double Windsor (Tzadik, 2014), il nuovo D’Agala conferma e ulteriormente conforma le vedute della solista e autrice in termini di piano trio, formula principe del jazz ultimamente oggetto di eterogenei intenti revisionisti, e con cui torna a cimentarsi pur non avendo mancato altre triplici associazioni, pur se di differente segno, tra le quali spicca il diversamente orientato Abaton (per ECM, nel già remoto 2003), al cui impianto cameristico concorrevano i talenti d’arco del partner e consorte Mark Feldman e del violoncellista Erik Friedlander.
L’ormai affermata pianista elvetica stabilmente di stanza oltre Atlantico, formatasi tra vedute Euro-free, la nuova scena downtown newyorkese e forme neoclassiche, segnatamente a partire da quest’ultimo elemento formativo sembra tuttora patire una velatura di credibilità e prestigio, seppur sia fuori discussione quanto la dotata solista elvetica si sia investita nella proficua discografia e nelle ormai estese partnership.
Dai rigori formali delle ascendenze classiche tornano dunque riconoscibili alcuni elementi, tali ad esempio l’articolazione sonatistica, o su tutto la visione armonica, generanti elementi di collisione con le tangibii aspirazioni in astrattezza, oltre ai forti elementi creativi importati dai partner agguerriti ed assai connaturati alle più forti logiche jazz.
Così si conformano costruttivamente l’apparato swingante innestato sulla lugubre e macchinosa Imprint Double, le frenesie della diversamente iconica Pierino Porcospino, la ritmica angolosa della scarna e sfuggente Bourgeois’ Spider; nell’eponima D’Agala s’infittisce l’apparato timbrico con l’innesto percussivo delle “wollesonics” (piccolo bestiario di diavolerie sonore che già stanno costituendo una letteratura autonoma) e si offre respiro al controcanto eloquente a carnoso di un nitido e ispirato Drew Gress, e si architettano dinamici compromessi tra post-accademia e proto-free nell’animata Éclats for Ornette, non unico momento d’omaggio tra i tanti conferiti, stanti le dediche ad eccelse consorelle (Irène Schweizer, Geri Allen) oltre all’appena scomparso John Abercrombie.
Nella sostanza si ribadisce la solidità del’impianto formale a caratterizzare quanto ancora espresso dalla pianista europea ormai di casa presso la East-coast, che non abiura alle proprie radici, elemento non zavorrante nei confronti delle complessive visioni creative, cui giovano (anche da parte degli sperimentati sodali) respiro musicale e istinto per la sorpresa: spesi entro un laboratorio che è anche terreno di gioco, questi sono espressione raffinata e vissuta dei motivi confluenti entro quel post-bop che, data la vastità di segni, incombenze e collateralità, risulta poco più che filone di (relativo) contenimento per una musicalità invece poco contenibile e per propria natura animata da progressione formale e rovesciamento di genere.
Link correlati:
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www.drewgress.com
www.wollesonic.com