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La musica ribelle di Gaetano Liguori
Milano, Auditorium Di Vittorio – 27.1.2018
Gaetano Liguori: pianoforte
Roberto Del Piano: basso elettrico
Massimo Pintori: batteria
In occasione della Giornata della Memoria, l’Associazione Secondo Maggio ha presentato il concerto Musica per i Giusti che ha avuto come protagonista l’Idea Trio guidato da Gaetano Liguori.
Gaetano Liguori è sempre stato un musicista impegnato – «la sua musica è la sua storia, rappresenta le sue idee personali», come ha detto Maurizio Franco nell’introduzione al concerto. A partire dai titoli dei dischi, come ad esempio Cile rosso, Cile libero oppure Comandante, ma anche per l’aderenza ai movimenti di avanguardia, la pratica del free jazz e dell’elettronica sin dagli anni Settanta. Il suo approdo all’attuale musica più attenta alle melodie e cantabile e fortemente impressionistica è un ulteriore capitolo di questo percorso: le sue composizioni raccontano gli scenari e le atmosfere incontrate nei suoi viaggi o nei paesi africani o medio-orientali, dove le popolazioni soffrono per guerre e carestie. In questo percorso lo accompagnano due musicisti sensibili come il bassista elettrico Roberto Del Piano e il batterista Massimo Pintori, capaci di adattarsi al meglio alle idee del leader.
I progetti, le collaborazioni e gli incontri che costellano la carriera di Liguori lo hanno portato sul palco insieme ai più grandi interpreti delle avanguardie storiche come Steve Lacy, Roswell Rudd, Enrico Rava, Ewan Parker o Paul Rutheford e, più di recente, con Hamid Drake e Andrew Cyrille. E, sicuramente, un posto particolare lo mantiene, come ha ricordato il pianista nel corso della chiacchierata, la registrazione del disco Orizzonti, realizzato insieme al padre, Lino Liguori, pubblicato nel 1977 e vincitore all’epoca del Premio della Critica Jazz, «che ci è stato consegnato personalmente da Arrigo Polillo, con la motivazione che faceva incontrare tra due generazioni.» Un disco che, al momento, è introvabile ma che Liguori stesso spera di poter ristampare presto.
Ascoltando la sua musica, il pubblico sarà rimasto sorpreso nel notare come non ci sia traccia del free delle origini. Come lo stesso Liguori ha sottolineato nell’incontro che abbiamo avuto con lui in occasione del concerto e da cui è tratta l’intervista che segue, oggi il pianista si sente maggiormente influenzato dalla musica classica. Gli spettatori, numerosi e attenti come avviene di consueto per i concerti dell’Asseociazione Secondo Maggio, ha seguito le parole e la musica di Gaetano Liguori.
Jazz Convention: La tua carriera ha attraversato gli ultimi quattro decenni. Quando hai iniziato a suonare, si era nel bel mezzo della rivoluzione culturale del Sessantotto: che influenza hanno avuto sulla tua musica quell’esperienza e le atmosfere di quel periodo?
Gaetano Liguori: È stato determinante. Alcune mie scelte sono state dettate dal contesto sociale, politico e culturale. Ho frequentato il Conservatorio negli anni Sessanta – e poi ci sono rimasto fino allo scorso anno, ho fatto tutta la trafila da allievo a studente e poi insegnante – e ho avuto la fortuna di incontrare personaggi come Donatoni a Maderna: la musica di avanguardia di quel periodo è stata la prima cosa a cui mi sono avvicinato. Poi, avendo un padre batterista, è stato facile avvicinarsi al jazz: sono partito dai classici fino ad avere l’illuminazione con l’incontro con la musica di Cecil Taylor, ricordo il concerto visto al Teatro Lirico, e questo mi ha portato ad aderire al free jazz.
JC: Se penso alla tua musica, però, e ricordo anche i concerti tenuti da te in quegli anni, ricordo sempre una vena melodica nella tua musica?
GL: Dopo gli anni del free jazz e le collaborazioni con i musicisti del Gruppo Contemporaneo vale a dire Guido Mazzon, Daniele Cavallanti e Filippo Monico, quando ho fatto nascere il Trio Idea, ho iniziato ad inserire una nuova attenzione alla melodia nella mia musica. Prima, parlo a ridosso del Sessantotto, non dico che non ce ne fregasse nulla del pubblico ma se, durante il concerto gli spettatori si alzavano e se ne andavano o si incazzavano, quasi ci faceva piacere. Quando ho iniziato a fare i grandi concerti, alla Statale, nelle fabbriche occupate per gli operai, durante le manifestazioni, ho iniziato a pormi il problema, ho iniziato a cercare di essere sulla stessa frequenza d’onda del pubblico, il che non vuol dire cercare di accontentarlo ma dialogare. E da quel momento, ho avviato un discorso che contenesse al suo interno una linea melodica dalla quale partire per esplorare poi in libertà strade diverse con l’improvvisazione. Ed è quello che si sente anche nel concerto che facciamo oggi. Non ho mai fatto standard o brani classici, ho sempre fatto musica mia: da una parte, è bello perché ti stimola, dall’altra parte ci sono anche dei periodi che stai in silenzio.
JC: Di recente, hai realizzato un disco dal titolo “Noi credevamo (e crediamo ancora)”… in qualche modo hai ricalcato il titolo del film di Mario Martone?
GL: Il film di Martone mi è piaciuto molto ed era riferito all’unità d’Italia: loro credevano in un ideale che poi nella realtà si è concretizzato in tutt’altra maniera da quello che avevano in mente. Io sento ancora vivi gli ideali del Sessantotto e mi sento ancora sulle barricate, come sai benissimo, e da quello è nato quel titolo. ci sono tantissimi amici e compagni che quando mi vedono, mi dicono «Liguori, io mi ricordo di te, ai tempi delle barricate, dei dischi e dei concerti…» ma per me in realtà non è cambiato niente.
JC: E in qualche modo, anche il concerto di oggi, si lega a questo tuo impegno sempre attivo…
GL: Si, questo concerto – intitolato “Musica per i Giusti” – nasce perché io sono ambasciatore dell’Associazione Gariwo, l’associazione che pianta gli alberi per i Giusti della Terra: il concerto di oggi, Giornata della Memoria, è dedicato ai martiri della Shoah. È un modo per ricordare ai giovani, ma anche ai meno giovani, cos’è stata la tragedia dell’Olocausto… come vedi, credevamo e crediamo ancora…
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