Sinouj – Labu

Sinouj - Labu

Autoproduzione – 2017





Pablo Hernández Ramos: sax alto

Larbi Sassi: violino, voce, percussioni

Sergio Salvi: tastiere

Javier Geras: basso

Akin Onasanya: batteria, percussioni, voce

Kaveh Sarvarian: ney, flauto, zorna, voce

Miron Rafajlovic: tromba

Munir Hossn: chitarra, voce in Essaouira

Luis Taberna: percussioni in Essaouira






Sinouj prosegue il suo percorso alla ricerca di una sintesi personale tra linguaggi diversi per provenienza geografica e temporale. Rock progressivo e melodie dal sapore mediorientale, strumenti antichi e elettrici affiancati con misura per formare una tessitura sonora dalle mille sfaccettature e possibilità espressive, richiami ancestrali e moderni. Una musica in movimento, inquieta e curiosa, frizzante nel mescolare le carte in tavole, sempre in equilibrio tra i vari stimoli, capace di entrare e uscire con passaggi fluidi dai vari scenari.


Al centro di tutto, l’attitudine all’improvvisazione e la disposizione al dialogo di tutti i musicisti coinvolti. La ricetta di Sinouj nasce e si sviluppa proprio grazie al contributo dei differenti ingredienti, grazie all’intenzione di mettere insieme le sensazioni e di condividerne i riflessi.


Le composizioni di Pablo Hernández Ramos giocano con l’alternanza tra aperture improvvise e pedali ostinati, si muovono tra passaggi eseguiti all’unisono da più musicisti e sospensioni eteree. Soprattutto, i brani possiedono una spinta ritmica sempre marcata e vitale: la traduzione pratica dell’inquietudine e della ricerca di cui si parlava prima, una spinta propulsiva per il baricentro della formazione, capace di attraversare le varie atmosfere senza far smarrire l’ascoltatore. Per cercare di contenere le possibili incoerenze e dirigere così il movimento della formazione, in ogni brano il sassofonista disegna alcuni elementi con tratto definito e netto: una strategia utile per dare un centro focale al discorso e per concatenare in maniera conseguente gli spostamenti e gli incontri che si susseguono.


Labu rappresenta, così, un ulteriore passo verso una sorta di esperanto musicale, una miscela che si appropria di stili e linguaggi, li mantiene anche riconoscibili quando serve ma, nel frattempo, li intreccia in maniera inestricabile e fertile.



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