Django Bates Beloved – The Study of Touch

Django Bates Beloved - The Study of Touch

ECM Records – ECM 2534 – 2017



Django Bates: pianoforte

Petter Eldh: contrabbasso

Peter Bruun: batteria






Piuttosto enfatizzata nei credits come presenza di gran spicco nel recente catalogo ECM, quella del grande Django Bates risulta quasi casuale almeno in termini di reclutamento, essendo l’esito di un occasionale contatto telefonico alla vigilia di una sessione live, non che questo sminuisca il valore dell’incisione, che anzi spicca entro una produzione odierna da parte dell’etichetta con una forbice di rischio ed innovazione quanto meno poco ampia.


Qui al terzo appuntamento in sala d’incisione con il trio originariamente devoluto all’elaborazione di materiali da Charlie Parker e insomma a una significativa parte di quanto irradiante da quella grande fucina bop, costituitosi per affinità pressoché naturale con due giovani sidemen incrociati durante le ore d’insegnamento presso l’accademia di Copenhagen già oltre un decennio, Bates consolida un linguaggio non immediato, ma comunque d’importante carica comunicativa, spesa lungo la decantazione dei linguaggi successivi all’originale nucleo stilistico, certamente mai tramontato ma che il pianista britannico onora entro una personale revisione contemporanea.


Si articolano undici tracce in cui l’ispiratore Bird è contemplato in senso autoriale in una sola di esse (Passport) e in apparenza non determinante nelle logiche costruttive dell’album, che pure elaborano a loro modo quanto irradiante da quello storico e complesso laboratorio di stile, affidando i materiali a riletture di diverse tunes batesiane, che ulteriormente confermano le funzionali intese, già più che decennali, con la giovane sezione batteria-contrabbasso, che sarebbe limitativo definire ritmica stanti il pronto interventismo e le tangibili tensioni figurative, vitali nel conferire tesa strutturazione anche a passaggi di grande rilievo melodico quali This World, Senza bitterness o la macerata, eponima The Study Of Touch, infittite linguisticamente dal grande lavorìo della mano destra, che altresì guida l’intricato travaglio ritmico espresso in We are not lost, we are simply finding our way fino alle più remote, disarticolate astrattezze della conclusiva Happiness all the way up.


Se il pianista-compositore-multistrumentista britannico non sembra aver abdicato al ruolo da enfant terrible della tastiera, immettendo nella sua revisione non del tutto radicale della formula trio la forza dissidente dell’obliquità cimentandola con le interpunzioni sghembe del ritmo e le carpenterie dinamiche d’insieme, nel bilancio dell’album non si potrà disconoscere il peso della scrittura e della sua elaborazione istantanea, tra i punti di forza del maturo visionario che con esiti convincenti qui contribuisce, con calibrata eccentricità ed assennato senso eversivo, ad un panorama discografico e concertistico non sempre spronato dai caratteri del rischio e dell’inventiva.



Link di riferimento: www.djangobates.co.uk