Antonio Sánchez – Bad Hombre

Antonio Sánchez - Bad Hombre

CAM Jazz – CAMJ 7919-5 – 2017



Antonio Sánchez: batteria, elettroniche





“Metterci la faccia” è il minimo che si possa riconoscere non tanto dopo la visione dell’aggressivo autoritratto di copertina quanto e soprattutto per la netta posizione politica che polemicamente fa da fondamento alla presente incisione, intitolata con il tipo umano violentemente posto all’indice dall’attuale amministrazione USA circa il grande vicino meridionale.


Posta l’opportunità di esser meglio edotti sul locale status quo, sfrondandolo dal martellante pregiudizio mediatico, è sempre apprezzabile (e benvenuto) l’impegno in arte, specie considerata la solidità di profilo guadagnata dal corposo batterista nel conferire nuove dinamiche alle più recenti avventure methenyane, smarcandosene poi per una seguitacarriera da titolare; così a breve distanza dalla tripla triangolazione all-stars in Three Times Three (2014) ed alla nuova incisione da band-leader The Meridian Suite (2015), a questa s’affiancava nel medesimo periodo l’originale colonna sonora per l’acclamato film Birdman di Alejandro G. Iñárritu, in forma di drum-solo, ed è all’incirca su quest’ultima falsariga che si struttura il presente Bad Hombre, accompagnato da un background ideologico ed una vocazione testimoniale che imporranno peculiari considerazioni e crediti d’ascolto.


Trattiamo di un elaborato di frenetici pastiches elettro(nico)-acustici, magari apparentabili a certe autarchie in solo del confratello Pat Metheny, ma si badi che della comune Unity band appaiono ben remoti il solido ingegno jazz e le luminose tensioni formali: registriamo piuttosto una spigolosità di cipiglio latino, relativamente inattesa e non del tutto confortevole, al virulento servizio di una musicalità superficialmente generalista quanto aggressivamente iconica, in cui il magistero percussivo del titolare, sempre caratterizzato da fitta tessitura e tellurico moto, si palesa in un’esposizione rabbiosamente impulsiva, provocatoria e ben poco accattivante, inducendo l’opportunità di valutare il tutto al di fuori di una convenzionale piattaforma jazz.


Davvero poco orientato ad irradiare simpatia, e tendenzialmente chiuso a letture immediate e forme fruibili, il più recente lavoro del niño terrible della batteria, appunto a così breve distanza dalle speculazioni che hanno generato le convincenti regie della propria band Migration, nonché il triplice tour de force in titolate formule trio, s’annuncia all’insegna di dichiarata indisciplina e posizione dissenziente, non tacendo del livido anti-narcisismo nonché dell’inevitabile stato di autoreferenzialità.


Il solido musicista messicano naturalizzato statunitense insomma fa proprie istanze e collisioni delle due identità in forma di denuncia, articolata su un turbolento plateau sonoro, in un one-man-recording in cui davvero poco appare offerto a letture o filtri ironici: ad onta di cotale posizione partecipativa, i materiali dell’album andranno certo riesaminati nel tempo nella progressione creativa del dotato Sánchez, in termini quanto meno comparativi, ma proprio per la natura di instant-recording di questa esperienza posponiamo giudizi e pronostici circa la sua persistenza nelle attenzioni della platea generale.



Link correlato: www.antoniosanchez.net