Foto: Francesca Parenti per gentile concessione Ufficio Stampa CSAC Parma
Simona Severini Delicato Solo
Parma, CSAC – 16.5.2018
Simona Severini: voce, chitarra
È bene, prima di addentrarsi nel racconto della serata, raccontare l’ambiente in cui si è svolta.
L’Abbazia Cistercense di Valserena è una grande costruzione gotica (1298) situata alla periferia di Parma. È la famosa Certosa del romanzo di Stendhal. Oggi ospita il centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma. È quindi, in ogni senso un luogo di memorie. Ospita uno straordinario museo con una collezione sterminata d’oggetti d’arte contemporanea, foto, progetti, grafica.
La Severini si è esibita nell’abside della vasta chiesa. Alle sue spalle un grande, grottesco, murales, Alla sua destra un pannello di manifesti politici degli anni ’70. L’imponente architettura dell’edificio religioso è ovviamente ricca di suoni, di riverberi che l’artista ha saputo perfettamente usare durante il suo percorso musicale. L’ambiente, quest’ambiente evocativo di una strana dimensione temporale in cui convivono passato e contemporaneità, è stato un elemento importante della sua musica, insieme alla sua voce e alla sua chitarra. La proposta della vocalist milanese, d’altronde, è ricca di echi, di stratificazioni. Il suo repertorio è vasto e variegato: riletture monteverdiane e di Gabriel Fauré, di Lucio Dalla, pezzi di propria composizione, canzoni francese e, ovviamente jazz. Non a caso il suo mentore è stato Giorgio Gaslini, gran teorico della musica totale.
Dal punto di vista di un frequentatore di cose jazzistiche, il suo approccio al canto, tutto emozionale, una sorta di algido fuoco, ricorda in qualche maniera Norma Winstone e anche Helen Merrill (Da ascoltare, in proposito, il disco inciso recentemente con Alessandro Galati). Ma si tratta, ovviamente, di mere suggestioni. Fra l’altro la Severini, nella serata che stiamo raccontando, non si è mai cimentata in un vero e proprio repertorio jazzistico.
Il concerto ha presentato momenti notevoli, soprattutto quando la performer ha evocato, con grande libertà e freschezza d’interpretazione, gli spiriti monteverdiani. Bellissimo anche il breve bis finale con la beatlesiana Blackbird. Fra l’altro la Severini ha dimostrato anche una certa abilità con la chitarra.
Una bella performance. Qualcuno ha parlato, fra il pubblico, di musica pop colta. Definizione non del tutto inesatta ma che non rende perfettamente lo spessore poetico creato dalla performer. Quando apparve il suo primo disco, nel 2011, qualcuno definì la voce della Severini come “voce di brezza marina”. Una locuzione perfetta per descrivere il gioco sonoro creato dalle volte e dagli archi dell’antica architettura gotica.
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