Enten Eller – Minotauros

Enten Eller - Minotauros

Autoproduzione – 2018




Alberto Mandarini: tromba, flicorno, live sampling

Maurizio Brunod: chitarra elettrica, live sampling

Giovanni Maier: contrabbasso

Massimo Barbiero: batteria, percussioni





Nel disco precedente, Tiresia, uscito nel 2016, gli Enten Eller si misuravano, da cima a fondo, con l’improvvisazione tematica. Non era stato concordato, in precedenza, nessun titolo da eseguire. Tutto si era risolto brillantemente con la realizzazione di una musica vitale e coerente, anche in virtù di una conoscenza e di una consuetudine ultra-ventennale fra i componenti del quartetto. In questo cd, invece, figurano diversi brani inediti e la riproposta di un cavallo di battaglia a firma di Massimo Barbiero. Si lavora, cioè, su un canovaccio definito lasciando, come al solito, però, ai singoli la possibilità di interpretare, di aggiungere o togliere qualcosa al materiale scritto e condiviso in partenza.


Il disco è stato inciso dal vivo al Museo Garda di Ivrea. Non è una novità assoluta l’effettuazione di performances jazzistiche all’interno di sale museali. Basti pensare al progetto ideato da Braxton qualche anno fa a Torino, a confronto con l’archeologia egizia. Un incontro memorabile, che ha lasciato un segno in particolare nei giovani musicisti coinvolti nello straordinario evento.


In questo caso, comunque, si contano parecchi elementi di originalità rispetto ad altre sperimentazioni del genere, innanzitutto dal punto di vista scenico. Il gruppo suona in una stanza. In altre sale si muovono quattro danzatori, ognuno dei quali è impegnato a seguire l’evoluzione solistica di uno strumento secondo le indicazioni del regista dell’operazione. Il pubblico si sposta da un punto all’altro della struttura cogliendo stralci significativi del fatto multimediale che si sta creando in tempo reale. Solo alla fine, ricomponendo le varie tessere visive e uditive, è possibile per gli spettatori ricostruire il senso di quanto esperito. Pure senza l’apparato scenografico, ridotto alla sola colonna sonora, se così si può dire, Minotauros regge egregiamente alla prova dell’ascolto.


Si rileva un’attenzione marcata verso la melodia, più accentuata a confonto con altre incisioni del gruppo. Pezzi lunghi come Roby e Per Emanuela sono condotti cercando di far venire fuori tutto il sentimento severo e malinconico racchiuso in questi motivi. Funkytaurus, di Mandarini, è, invece, tirata e rockeggiante. I vari intermezzi, inoltre, sono occupati da efficaci interventi in solo o preparano il terreno per nuove aperture narrative.


In tutto il disco si apprezza il suono ricercato, duro e distorto o piano e morbido, a seconda delle situazioni, della chitarra elettrica di Brunod. Mandarini, da parte sua, si abbandona ad un lirismo evocativo o utilizza effetti elettronici per rendere penetrante, tagliente il timbro della sua tromba. Maier è semplicemente gigantesco nella parte solitaria dedicata ad Arianna. In tutte le tracce, ad ogni modo, si avverte il grosso peso architettonico di un contrabbasso sempre al passo con il carattere delle composizioni. Barbiero fornisce equilibrio o asimmetria a tutto l’insieme, assestando colpi provvisti ogni volta di un concetto preciso da illustrare.


Va precisato che la suite non ha momenti di cesura. È un flusso continuo in cui si incontrano in successione temi romantici, parentesi libere, sequenze rockeggianti, sospensioni destrutturate e riprese articolate.


Minotauros è, come tradizione, ispirato ad un personaggio della mitologia greca. Il percussionista eporediese e i suoi partners riescono ancora una volta a confezionare un album provvisto di un’idea informante, di uno sviluppo conforme e soprattutto di un’anima sita dietro le note e le figure plastiche prodotte dai danzatori, che possiamo, queste ultime, però, solo immaginare.



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